SAN FRANCESCO E LE FRECCE TRICOLORI – Manlio Dinucci – novembre 2020
L’arte della guerra
Il ministro Guerini
sulle orme di San Francesco
Manlio Dinucci
Per la Festa di San Francesco, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Pd) ha inviato i caccia delle Frecce Tricolori a sorvolare la Basilica di Assisi. «È l’omaggio più forte che la nostra Italia abbia potuto rendere al Poverello, a cui si affidano migliaia di persone mentre la pandemia aggrava la povertà», ha scritto la rivista dei Francescani.
Omaggio discutibile: un’ora di volo dei nove caccia delle Frecce Tricolori costa oltre 40.000 euro in denaro pubblico, cifra con cui si potrebbero pagare 27 stipendi medi netti mensili.
A sorvolare Assisi, l’anno prossimo, saranno i nuovi, più potenti caccia da addestramento avanzato T-345A prodotti dalla Leonardo, di cui l’Aeronautica sta acquistando 23 esemplari con una spesa di circa 380 milioni di euro. Essi assicureranno una migliore «efficacia addestrativa», preparando i piloti all’uso degli F-35 e altri aerei da guerra.
«Il nostro grazie va ai Generali e al Ministro della Difesa Lorenzo Guerini. – hanno scritto i Francescani dopo il sorvolo delle Frecce Tricolori – Stasera andremo tutti a dormire con la speranza di un giorno migliore».
Parole tranquillizzanti, pronunciate mentre altri caccia italiani, i Tornado PA-200 di Ghedi che stanno per essere sostituiti dagli F-35A, erano già in Germania per partecipare alla Steadfast Noon, l’esercitazione annuale Nato di guerra nucleare sotto comando Usa. Vi partecipano, con le proprie forze aeree, Italia, Germania, Belgio e Olanda, che mantengono sul proprio territorio, pronte all’uso, le bombe nucleari Usa B-61, tra non molto sostituite dalle più micidiali B61-12.
Violano in tal modo il Trattato di non-proliferazione e rifiutano il Trattato Onu sull’abolizione delle armi nucleari che, avendo raggiunto le 50 ratifiche il 24 ottobre, entrerà in vigore entro 90 giorni. Non vi aderiscono però i nove paesi dotati di armi nucleari e i trenta della Nato. In Europa, il Trattato Onu è stato ratificato solo da Austria, Irlanda, Malta, Liechtenstein, San Marino e Santa Sede.
Perché si possa realizzare il vitale obiettivo del Trattato, è indispensabile una vasta mobilitazione dell’opinione pubblica per il disarmo nucleare, attualmente inesistente poiché la minaccia di guerra nucleare viene taciuta dagli apparati politico-mediatici, oggi ancor più di prima dato che parlano solo della minaccia del virus.
Vengono così nascosti i sempre più pericolosi passi che l’Italia sta facendo nella preparazione della guerra e della conseguente crescita della spesa militare.
Alla riunione dei ministri della Difesa della Nato, il 23 ottobre, il ministro Guerini ha confermato la partecipazione dell’Italia a un nuovo Centro Spaziale Nato a Ramstein (Germania) e al potenziamento delle forze nucleari necessario, secondo il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, a «mantenere sicuro ed efficiente il nostro deterrente nucleare», di fronte alla «grave sfida del crescente arsenale di missili nucleari della Russia».
Il ministro Guerini ha inoltre firmato per conto dell’Italia, con altri nove paesi Nato, una lettera di intenti per la realizzazione di un sistema missilistico con base a terra, formalmente quale difesa contro missili a raggio corto e intermedio, in realtà utilizzabile per il lancio di missili nucleari a raggio intermedio, analoghi agli euromissili Usa degli anni Ottanta.
Infine, il ministro Guerini si è impegnato ad accrescere ulteriormente la spesa militare dell’Italia, dagli attuali 26 a 36 miliardi di euro annui. Per tale obiettivo sono già stati stanziati 35 miliardi aggiuntivi, soprattutto da parte del Ministero dello sviluppo economico, più altri 30 miliardi di euro che si vuole trarre dal Recovery Fund.
«Le risorse destinate alla Difesa – ha dichiarato il ministro Guerini – rappresentano una leva strategica per l’economia del Paese». Occorre quindi «far meglio comprendere ai nostri concittadini che nell’industria del settore dell’Aerospazio, della Difesa e della Sicurezza c’è un pezzo rilevante della competitività dell’Italia, che potrà garantire il futuro delle giovani generazioni».
Il futuro non è quindi così nero: parafrasando il noto film, finché c’è guerra c’è speranza.
(il manifesto, 27 ottobre 2020)