Balducci su papa Giovanni XXIII – Bruna Bocchini
Questo volume, che ha rappresentato un grande successo editoriale con una diffusione molto ampia, descrive la gioia profonda di fronte alla testimonianza cristiana di papa Giovanni, che ha rappresentato per Balducci un modello, verso il quale sentiva una consonanza profonda e una conferma di speranze e attese decennali. Egli sottolinea nella premessa il legame strettissimo tra le iniziative di riforma della Chiesa attuate dal pontefice, e in primo luogo la convocazione del concilio, e la sua testimonianza spirituale, individuata nella mitezza evangelica e nel coraggio. C’erano state alcune osservazioni della curia fiorentina per concedere l’imprimatur, poi superate, che aveva rilevato che il suo papa Giovanni, non corrispondeva a quello del Giornale dell’anima. In effetti, anche nei decenni successivi spesso l’immagine così popolare del <<papa buono>> rischiava di oscurare la complessità e il coraggio della scelta di convocare il concilio, mentre il parere di parte della teologia romana sosteneva che dopo il concilio Vaticano I, quando era stata dichiarata l’infallibilità del pontefice, non erano più necessari i concili.
Forse anche tenendo presente queste osservazioni Balducci scriveva nella premessa che il volume non era stato scritto per confermare certe tesi che mi stavano, e mi stanno, a cuore, ma con la facile volontà di registrare, mentre si svolgeva, una così imprevedibile lezione di cristianesimo, il cui senso era ed è, che l’avvenire si crea senza violenze, e il volto futuro della chiesa va ricercato nella semplicità della vita quotidiana, e la vera pace è tutta nell’obbedienza, e quand’è nell’obbedienza riesce a comporsi coi gesti più coraggiosi, coi programmi più smisurati.
La sua chiusura della Premessa trasmetteva la profonda esperienza spirituale ed ecclesiale che il pontefice aveva trasmesso:
Quando Dio manda uomini come papa Giovanni, non è certo perché si scrivano libri su di lui, ma perché ci sia impossibile continuare a vivere e a pensare come se egli non fosse mai venuto tra noi.
Nel primo capitolo descrive l’agonia e la morte di Roncalli vissute, per così dire, pubblicamente di fronte alla Chiesa e al mondo: <<più volte professò di volere essere, sul letto di morte, come una vittima offerta ‘per la Chiesa e per la pace’, rimanendo <<nel cuore del mondo, accogliendo e trasmettendo amore>>. Il suo magistero pontificale era giunto a <<perfezione>> in un coincidenza tra momento <<esistenziale>> e <<dottrinale>>. L’analisi delle novità nelle linee di governo pontificale era ampia e corredata di una ricca appendice di documenti ad ogni capitolo, e tendeva sempre a legare strettamente l’esempio di governo episcopale e universale offerto dal pontefice con la sua <<sapienza del cuore>>, la <<santa follia>> e la sua paternità, nella quale l’autorità era vissuta realmente come un <<servizio>>. Un esempio viene indicato nella <<libertà dalle forme>>, per un atteggiamento che aveva superato <<il formalismo>> così diffuso nel mondo ecclesiastico, <<vincendo lo spirito con cui esso si radica, cioè la stanchezza spirituale, che nell’attaccamento alla lettera delle leggi, prepara e dissimula una senescenza scolorita e fastidiosa>>.
Tanti sono gli aspetti che meriterebbero si essere sottolineati, ma forse almeno un suggerimento vorrei dare, quello di leggere il volume notando anche la grande sintonia con la spiritualità e il modello di papa Francesco.