2 Febbraio 2025, Presentazione del Signore

2 Febbraio 2025, Presentazione del Signore

Prima Lettura Dal libro del profeta Malachia MI 3, 1-4.
Salmo 23
Seconda Lettura Dalla lettera agli Ebrei, Eb 2, 14-18

Vangelo Luca Lc 2, 22-40

Il profeta è colui che parla in vista di un’umanità riconciliata, insediata
nell’uguaglianza, nell’amore reciproco. Il suo linguaggio è quello universale e
perciò è fuori della sua patria. «Nessuno è profeta in patria sua». Gesù cita un
proverbio e gli dà un significato straordinario. Intanto lo applica a sé. Il popolo
ebraico sua patria, lo espulse. Egli fu crocifisso fuori della città per significare
che ogni profezia ha un suo calvario fuori delle mura ed è lì che il profeta dice
l’ultima parola. La sua è una parola di amore. Solo che ai suoi concittadini
appare un odiatore. C’è una certa classe che appena sente qualcuno che parla
in nome della classe opposta lo considera seminatore di odio. Quando
l’amore si trasforma in un glutine che stringe a sé gli appartenenti allo stesso
gruppo etnico, alla stessa classe sociale, i valori universali all’interno del
gruppo diventano falsi. Il profeta dice i valori veri ma i valori veri non
possono entrare nel contesto del linguaggio, che dico?, della forma
mentis dominante. Il vero odio è nel particolare che si erige a realtà
sufficiente: ecco dove è l’odio. Siccome un odio oggettivo ha a suo vantaggio
il consenso, odio non sembra. Se c’è un gruppo di ricchi in un paese povero, in
questo gruppo c’è odio, c’è oggettivamente, al di là dei sentimenti soggettivi, i
quali anzi potrebbero essere pieni di effusione. Sono comodi i sentimenti
ampi, effusivi quando la base del privilegio è solida.
L’odio è oggettivo, è nella conformazione della società umana per la quale
alcuni vivono al livello del privilegio e altri vivono nell’emarginazione e soffe
renza. Guardate il pianeta, questo villaggio: cosa è la profezia? La profezia è
dar voce al tutto contro la parte, parlare in virtù di una passione che è passione
per l’umanità in quanto tale, per ciò che essa deve essere. E quindi è un
annunciare il futuro perché, certo, il presente non ci dà lo spettacolo di
un’umanità che risponde all’universalità dell’amore. Il profeta parla del futuro
ma dà voce al presente e se la sua parola è profetica non può non essere contro
le menzogne costituite, contro le dottrine che sotto forme universali
legittimano e consacrano il particolare, contro le figure storiche in cui questa
deformazione si incarna. La profezia è un muro contro, è un muro di bronzo. E
importante ricordarcelo perché non dobbiamo star qui ad aspettare i profeti.
Ne abbiamo avuti tanti, di profeti. La stagione alle nostre spalle è stata ricca di
profeti. Forse i profeti più profeti sono quelli che ancora non sono stati
riconosciuti perché, secondo una legge che il Nuovo Testamento enuncia e che
è tragica e stupenda insieme, i profeti vengono ammazzati e solo dopo si fanno
loro le nicchie. Ma questo delle celebrazioni è un momento triste: vuol dire
che la voce del profeta è stata accettata perché ormai diventata innocua.
Da “Il Vangelo della pace” vol.3 anno C

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