26 Gennaio 2025, 3° Domenica TO
Prima Lettura Dal libro di Neemia Ne 8, 2-4. 5-6. 8-10
Salmo 18
Seconda Lettura Dal prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, 1Cor 12, 12-31
Vangelo Dal Vangelo secondo Luca Lc 1, 1-4; 4, 14-21
—
E veniamo finalmente al Vangelo, perché è nella parola del Vangelo che con
semplicità totale tutti questi rischi vengono smascherati e rigettati. L’unità che Gesù
ci propone non si basa sulle forze centripete della nostra convivenza. Certo, noi
abbiamo bisogno — è scritto nella nostra natura ed io ho già regalato nel suo giusto
spazio questo bisogno di coesione — di leggi, abbiamo bisogno di istituzioni. Ma
non è qui il proprio dell’annuncio messianico. L’annuncio messianico pone il centro
della nostra attenzione, la misura della nostra autenticità in ciò che è fuori di questo
ordine. Datemi qualsiasi ordine ed io trovo un punto ad esso esterno: è in quel
punto esterno il mio centro di riferimento. Questa è la proprietà dell’annuncio
evangelico. Un ordine qualsiasi si basa sull’esclusione di coloro che non hanno le
proprietà per entrarvi, ma proprio loro sono il centro della mia apertura verso il
regno di Dio. Non appena un ordine si chiude su se stesso come un cerchio, elimina
la speranza e la speranza si siede su di sé, si ripiega, si affloscia, si cristallizza.
Coloro che in questo ordine non hanno posto sono gli eredi della speranza, non i
saziati, non i sistemati, non coloro che hanno un ruolo riconosciuto: costoro hanno
già quel che dovevano avere. Se pure è vero! Perché anche loro vanno liberati dalla
loro sicurezza. Ma a liberarli saranno proprio gli esclusi perché la città di cui fanno
parte secerne da sé lo spirito della sicurezza, dell’orgoglio, dell’adempimento. Sono
gli esclusi che ci salvano perché essi hanno come loro unico patrimonio la
speranza. La speranza che non ha i colori belli che noi evochiamo quando sentiamo
la parola. La speranza è anche rabbia. Non possiamo avere i disperati sulla nostra
misura, per cui devono sperare ma stando buoni! La speranza ha mille facce e non
può essere giudicata con categorie morali: è l’urlo, è il grido, è il gemito, è la furia a
volte, che io non legittimo come tale. Gesù non è venuto a promulgare le
rivoluzioni permanenti perché la sua parola si rivolge universalmente alla coscienza
dell’uomo e la libera dalla falsa sicurezza in cui è imprigionata. Essa ci attraversa,
ci scuote e ci dà l’inquietudine, l’impossibilità di essere integrati per cui dobbiamo
diventare veramente gli uomini non integrabili, gli uomini dell’insicurezza, gli
uomini di cui è giusto che il potere diffidi. E possibile convertirci anche dentro la
città, cioè dentro l’ordine costitutivo.
Da “Il Vangelo della pace” vol.3 anno C