29 Settembre 2024, 26° Domenica T.O.

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Prima Lettura Dal libro dei Numeri Nm 11, 25-29
Salmo 18
Seconda Lettura Dalla lettera di San Giacomo apostolo, Gc 5, 1-6

Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,38-43.45.47-48

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C’è un altro modo di considerare la salvezza del mondo. Alla base di
quest’ottica, che io ritengo più autenticamente evangelica, c’è la convinzione
che Dio ama il mondo intero, che il rapporto fra Dio e la creatura è un
rapporto immediato e che Dio prepara nel mondo, nato dalla sua volontà di
creatore, il suo Regno attraverso lo Spirito che vagava nell’abisso delle origini
e vaga ancora nella storia degli uomini in un modo che nessun potere, nessuna
sapienza può prevedere: come il vento che non si sa da dove venga e dove
vada.

A partire da queste premesse infrangibili dell’amore universale di Dio per le
creature, la Chiesa emerge alla nostra coscienza come il luogo in cui si vive
con consapevolezza questo disegno di amore, si vive con la preoccupazione di
dare a coloro che cercano la salvezza una testimonianza così trasparentemente
congiunta al Vangelo che essa stessa è un annuncio. La coerenza col Vangelo
predicato fa parte della stessa efficacia dell’annuncio. Allora, in questo caso i
cristiani non si considerano dei salvatori, né portatori della verità, perché la
verità riempie la terra, come lo Spirito Santo, e il loro atteggiamento non è di
conquista, ma di ascolto, perché può accadere che la voce dello Spirito venga
dal di fuori delle mura della Chiesa. La profezia, cioè l’annuncio dell’autentico
Regno di Dio, esplode fuori dalle planimetrie sorvegliate dalle autorità
ecclesiastiche. Ovunque è l’uomo, ivi è lo Spirito Santo.
Questa visione non è un ammodernamento della fede in cui si
nasconde un cedimento allo scetticismo contemporaneo. È un più serio
radicamento nell’autentica volontà del Cristo, colui che ha detto: « Quando
sarò sollevato da terra attirerò tutti a me i

ll vero punto di riferimento della
nostra strategia cristiana non è 1a Chiesa, è il Regno di Dio. Noi miriamo al
Regno che invochiamo ogni volta che ripetiamo la preghiera che Gesù ci ha
insegnato. Ma nessuno conosce i confini e le forme di questo
Regno che viene. Esso è nel mistero. E gli operatori di questo Regno sono
dovunque si estende la crescita della creazione. Allora si rompe in noi ogni
esplicito o dissimulato orgoglio cattolico. Ritroviamo l’umiltà evangelica e la
solidarietà con gli uomini. ventiamo usando una bella parola di Origene «
amici del genere umano ». Rifiutiamo ogni consorteria, ogni distinzione fra
noi e gli altri. Non ripetiamo l’errore degli Apostoli zelanti che dissero a Gesù:
« quello non era dei nostri », perché gli uomini sono tutti dei nostri come noi
siamo di tutti. Non possiamo dividere la società in coloro che appartengono al
Regno e coloro che non appartengono al Regno. Anche il ladro, il
bestemmiatore, il peccatore così detto tale, sono dentro il Regno di Dio e forse
operano per il regno. Ecco una verità che ci fa pena gridare, non per paure
esterne ma perché abbiamo paura dentro, perché ci sentiamo improvvisamente
inutili. E niente ci avvilisce quanto sentirci inutili. Ma questo sentimento
dell’inutilità, dell’irrilevanza di noi come Chiesa, viene compensato
all’improvviso dalla scoperta della profonda necessità che noi ci siamo: non
noi come « noialtri »: noi come uomini, noi come creature che perseguono il
Regno, noi che professiamo la fede nel Cristo, nella Croce e la Resurrezione,
che gridiamo agli uomini non una verità che li porti verso di noi, ma una
verità che è dentro di tutti, perché la riscoprano, e che magari essi possono
portare a noi. Questa visione della fede, lo ripeto, è del tutto coerente con la
corrente calda della Rivelazione biblica e dell’esperienza cristiana.

Da “Il mandorlo e il fuoco” vol.2 anno B

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