22 Settembre 2024, 25° Domenica T.O.

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Prima Lettura Dal libro della Sapienza Sap 2, 12.17-20
Salmo 53
Seconda Lettura Dalla lettera di San Giacomo apostolo, Gc 3, 16-4,3

Dal Vangelo secondo Marco Mc 9, 30-37

 

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Un riferimento al nostro tempo che ci avvia alla comprensione della Scrittura,
ci è suggerito dalla circostanza — di cui parlano i giornali di stamane —
dell’anniversario della morte di un grande scienziato (Freud) che ha
rivoluzionato la tradizionale conoscenza dell’uomo scoprendo le regioni
dell’inconscio e quindi riconducendo a spiegazioni razionali comportamenti e
atteggiamenti che prima venivano ingenuamente valutati come religiosi. Mi
sono detto: che rapporto c’è fra questa sapienza di cui parlano oggi la lettera di
Giacomo e il Vangelo di Marco e ciò che l’uomo via via, per conto suo, con le
sue forze relative, deboli, ma sempre straordinarie, riesce a dire su se stesso?
Penso che non sarà inutile adottare alcuni passi della Scrittura di oggi per
illustrare il rapporto tra una sapienza che è consustanziale alla fede cristiana e
che, secondo le sue pretese, non viene mai meno, e le scoperte che l’uomo fa su se stesso, gli svelamenti, a volte crudeli, come quelli appunto dell’analisi
dell’inconscio, con cui vengono fatti crollare castelli splendidi in cui l’uomo si
rifugiava, mentendo a se stesso, senza colpa. Che rapporto c’è, dunque, tra la
scienza sull’uomo e la sapienza? Ché di questo si tratta, quando si discute in
maniera esatta e inequivoca della perennità della parola di Dio. Noi viviamo,
lo sappiamo o no, un trapasso rapido, brutale, da una visione della vita, della
morale, della religione ereditata dai padri a una nuova e per ora piuttosto
confusa e drammatica condizione umana in cui tutti quelli che erano i valori
intangibili vengono derisi, eliminati, rifiutati, come se fossero altrettanti anelli
di una catena di schiavitù umana. Questo trapasso porta con sé fatalmente una
nuova riflessione sul Vangelo che per molti è soltanto un grande messaggio di
umanità collocabile in un tempo remoto e quindi da custodire negli archivi
della storia dello spirito umano; e per altri, per noi, è un messaggio che ha una
attualità perenne.
Intanto dobbiamo dirci che occorre sempre ritrovare nel Vangelo, e nella
Scrittura in genere,. un messaggio che non ha pretese scientifiche anche se è
intriso di scienza del tempo, di cultura ormai abbandonata. C’è nella Scrittura,
letta secondo lo Spirito così sempre ci è stato detto ed è scritto nella stessa
Scrittura perennità di valori che tocca a noi scoprire, vivere e tradure in
novità di opere e in una apertura coraggiosa verso il futuro dell’uomo, appunto
perché questo messaggio non tocca le situazioni contingenti e mutevoli della
storia umana, ma tocca la condizione ultima verso cui l’umanità tende,
consapevole o meno. L’annuncio biblico è sempre un annuncio escatologico
che illustra, alla coscienza dell’uomo che cammina nel tempo, l’orizzonte
verso cui tendere, che dà un senso, attraverso i simboli e le immagini, al
compimento ultimo della storia personale e collettiva. Il Vangelo, dunque, non
è spiegazione della storia umana nella sua transitorietà, ma spiegazione della
storia umana nel suo adempimento. Quello che chiamiamo Regno di Dio, con
parola antica, è appunto la trasparenza di quella condizione ultima che però,
per essere ultima, trapassa come una esigenza di luce tutti i segmenti del
vivere storico e personale. Sapere, conoscere con conoscenza sapienziale, che
senso ha il nostro destino, significa anche capire che senso il minuto che io
vivo. Il messaggio evangelico è sempre un messaggio sapienziale di questa
natura.

Da “Il mandorlo e il fuoco” vol.2 anno B

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