QUANDO IL GUARDIAN CI METTE IN GUARDIA – di Giovanna Cecchi
“E’ meglio un piatto di verdura con l’amore che un bue grasso con l’odio”. Proverbi 15:17
Il giornale britannico The Guardian ha pubblicato il 20 ottobre scorso i risultati di un’inchiesta condotta sul rapporto tra alimentazione ed inquinamento del pianeta. Inchiesta che ha acceso discussioni e suscitato un vivo allarme, tanto da essere rimbalzata anche sui quotidiani nostrani. Il Fatto Quotidiano, infatti, ha ripreso la notizia, con la firma di Thomas Fox, a due giorni di distanza, sostenendo che “l’agenzia Onu che si occupa di alimentazione ha sabotato e insabbiato i tentativi di tracciare un legame tra allevamento di bestiame, emissioni di metano e riscaldamento globale”. Una dichiarazione, clamorosa, rivolta alla Fao da alcuni suoi ex funzionari che nel 2006 avevano stilato un documento in cui venivano calcolati i costi, a livello ecologico, del bestiame e dei latticini. In quell’anno emerse il mostruoso impatto che gli allevamenti bovini avevano sulle emissioni dei gas serra a livello globale, equivalente al 18%. Negli ultimi diciassette anni, secondo il giornale britannico, si sono susseguite, dopo un’iniziale ondata di documentari ecologisti, una serie di depistaggi e insabbiamenti a favore dell’industria. Pare che le pressioni più forti per insabbiare le inchieste provenissero dai Paesi in cui sono presenti i maggiori produttori di carne su larga scala: Stati Uniti, Australia, Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay.
“Ciò che emerge dall’inchiesta del Guardian è quindi un’attività di lobbying sulla Fao paragonabile a quella dei giganti del petrolio e del gas sulla politica energetica. E come i colossi dell’energia sono stati spesso accusati di negare il ruolo dei combustibili fossili nel riscaldamento globale, così pare aver fatto la Fao con riferimento agli allevamenti di bestiame”.
Certo che tutto ciò dà da pensare. In questo periodo dell’anno poi, in cui buona parte dei piatti natalizi è a base di carne proveniente da allevamenti, ancora di più una riflessione sarebbe opportuna o per meglio dire doverosa. Una riflessione che non è detto abbia necessariamente come conseguenze delle rinunce. Nella tradizione cristiana non esiste alcun divieto alimentare. Anzi la convivialità, il mangiare insieme a parenti, amici, discepoli, persone da convertire è ricorrente nei Vangeli. La simbologia poi della carne (il corpo) e del sangue è presente addirittura nel sacramento dell’Eucarestia, in ricordo di ciò che è stato detto da Gesù nell’Ultima Cena. Quindi abbiamo certamente libertà di azione, il famoso libero arbitrio, alla luce però della lucida consapevolezza che ci deve ricordare che stiamo vivendo in un pianeta sempre più malato, che ci manda ormai continuamente segnali crescenti del suo malessere.