12 Novembre 2023 32° Domenica t.o.
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Prima Lettura Sap 6, 12-16
Salmo Responsoriale (Sal. 62)
Seconda Lettura 1 Ts 4, 13-14
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 25, 1-13
Quel che decide non è un più di sapere ma è un più di amore. Noi abbiamo
bisogno di questo più di amore. Tutta la nostra cultura è nata all’interno di
orizzonti particolaristici anche se non ce ne siamo accorti. Un tempo un
fiorentino con il suo linguaggio culturale, parlava dell’uomo con la U
maiuscola. Qui è nato l’umanesimo. Ma quando qui nasceva l’umanesimo,
c’erano ancora oltre l’Atlantico, gli Indios e nell’Africa i negri che
dell’umanesimo nulla sapevano. E noi credevamo di parlare dell’uomo. Si
parlava di noi, della nostra isola. Solo oggi noi non possiamo più parlare di
umanesimo senza vergognarci se questo umanesimo non prende le sue misure
con ogni uomo, anche col negro. Ecco perché ci vuole un di più di amore,
oggi. Non è facile. La spinta del passato, che è una specie di forza di inerzia,
ci soffoca. Anche nei discorsi di uomini politici, senza distinzione fra i
migliori o i peggiori, c’è una insularità culturale che fa paura. Se noi non ci
preoccupiamo, non dico della fame del mondo — per tornare ad un tema, mi
vergogno di dirlo, vuoto, tanto se ne parla sterilmente, senza conseguenze —
ma di tutte le attese umane e a dimensione politica, delle attese sociali del
mondo intero, senza passare da qui, il nostro discorso non è sapiente. Potrà
essere vantaggioso, machiavellicamente efficace, ma nell’immediato la
catastrofe si avvicina, il rischio della fine aumenta, perché l’esser molto
intelligenti, all’interno di un sistema falso, è un pericolo, in quanto
l’intelligenza deduttiva porta alle estreme conseguenze i mali insiti nel
sistema. Un certo empirismo rimedia da sé ai propri errori ma la deduttività
dell’intelligente, in un sistema erroneo, è micidiale. Noi dobbiamo,
ricordiamocene, uscire fuori dai perimetri del sistema per sedere accanto
all’uomo e aspettare che la sapienza venga. La sapienza viene proprio
nell’incontro con l’uomo. E lei che ci sta cercando. Se noi incontrando in città,
a Firenze, un negro ci sedessimo con lui perché ci raccontasse la sua storia,
noi ci vergogneremmo! La sapienza viene attraverso il volto degli uomini di
colore, ma noi non ce ne curiamo o al più siamo caritatevoli, facciamo opera
di assistenza ma non ascoltiamo la sapienza. Se noi chiedessimo a un ragazzo
che si smarrisce nella droga e nella violenza perché ci racconti la sua vita, la
sapienza verrebbe a noi. Ma noi non ascoltiamo, noi prepariamo le strutture
per relegarci i delinquenti e i drogati, ma non ascoltiamo. La nostra è una
cultura che produce da sé i propri rimedi, i propri strumenti e i propri progetti,
ma non ascolta più.Torno al punto di partenza. Il nostro modo di vivere
l’attesa della fine deve essere di tenere la lampada ricolma di olio. Questo olio
è la sapienza che si deve esercitare nella dimensione del quotidiano. Se
pensate a tutte le volte che avete scansato un incontro, avete scansato un
ascolto, vi siete sbrigati per una presenza inopportuna… forse avete contato le
occasioni in cui la sapienza stava per venire verso di voi e voi non l’avete
voluta ascoltare. Da “Il Vangelo della pace” vol.1 anno A