4 Giugno 2023 IX domenica T.O.

4 Giugno 2023 IX domenica T.O.

4 Giugno 2023 IX domenica T.O.

Prima Lettura Es 34 4-6, 8-9
Salmo Responsoriale (Dn. 3)
Seconda Lettura 2Cor13,11-13
Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi

Vangelo Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 3, 16-18

—-

 

Più la fede si nutre alle sue vere sorgenti, più ci rende avvertiti che le nostre immagini di
Dio, gli stessi concetti teologici di cui ci serviamo, non sono che un umano artificio che
non riesce a lambire la verità a cui la fede si inserisce. Dio nessuno lo ha mai visto e
nemmeno lo ha capito e nessuno lo ha mai spiegato e tuttavia di Dio continuamente si è
parlato, su di Lui si sono costruite biblioteche di analisi, di discussioni, si sono costruiti
dogmi rigidi, difesi con le scomuniche e Dio è sempre al di la’, imprendibile. Il suo luogo
è nella nube del mistero. C’è un antefatto dell’episodio che abbiamo ascoltato dalla pagina
dell’Esodo. Mosè, sceso dal monte dove aveva ricevuto la rivelazione di Jahvè, trovò che
il suo popolo aveva costruito un vitello d’oro. Pieno d’ira spezzò le pietre ma poi ritornò
sul monte dove il Signore gli si rivela come misericordioso e pronto al perdono. Io penso
che un profeta, se scendesse dal monte e venisse in mezzo al popolo di Dio, avrebbe
ragione di spezzare nuovamente le pietre perché, se noi diamo retta non alle parole ma ai
fatti, il vitello d’oro è ancora il Dio della nostra società, anche della nostra società
cristiana, non più rappresentato in forme arcaiche, ma costruito secondo concetti
scientifici, con un potere giustificato in base a leggi insuperabili della ragione umana.
Tutti sanno che la vera divinità che governa la nostra società è il profitto, in mille modi
chiamato ma sempre presente, anche nel tempio, anche negli spazi sacri. Ecco perché la
vera conoscenza di Dio è come un salire e uno scendere dal monte, di continuo. Una volta
che si prende conoscenza dell’inaccettabilità del Dio che ci governa, del feticcio sacro —
come lo chiamava Marx — che è il vero Dio del nostro mondo — un Dio che a noi
distribuisce benefici con mani larghe, ma spreme sangue nella maggior parte dell’umanità
— una volta che ci accorgiamo che anche i nostri concetti sicuri o le nostre pratiche
religiose sono, in realtà, interne a questa religione del nostro tempo abbiamo bisogno di
risalire sul monte, di entrare nella nube, cioè di distruggere le immagini che ci siamo
costruite. Anche quelle più raffinate, se andiamo a veder bene, nascondono, in realtà, la
perfidia del Dio che ci governa. Dobbiamo ritrovare la sorgente pura della fede, salire sul
monte. Questa è la dinamica costante. Se noi assumiamo subito come tema di verifica
quello che ci viene proposto oggi, quello della Trinità, possiamo accorgerci che anche qui
si nasconde facilmente l’inganno. Le prime comunità dei cristiani parlavano del Padre, del
Figlio e dello Spirito con semplicità e, come dice Paolo, con la premura dominante di
vivere in un rapporto reciproco contrassegnato dalla pace, che in questo brano viene
addirittura espressa con toccante realismo, con «bacio santo». La comunione fra gli
uomini diventava così il luogo di conoscenza del mistero di Dio. Pian piano, però, per il
bisogno di rendere questo mistero credibile, accettabile e formulato secondo le regole del
sapere umano, siamo arrivati a definire un dogma, quello che costituisce il punto di
riferimento ineludibile della fede cristiana: Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, uno
nella natura e trino nelle persone. Se noi proviamo a spiegare ad un bambino che cosa
questo significhi ci accorgiamo come difficilmente un bambino entri in questa
contraddizione logica dell’unità che si compone con la trinità. Dico un bambino ma
diciamo pure che siamo tutti bambini. Ad un certo punto il mistero diventa una
tribolazione dell’intelletto senza riferimenti con la nostra vita pratica. In nome della
Trinità ci si è sgozzati, si sono fatte guerre, cioè si è contraddetto nei fatti ciò che si
professava nella fede. C’è quindi una iniquità qui sotto! A me pare che dobbiamo
riprendere il cammino secondo l’itinerario che ci viene proposto da Paolo in questo brano.
Noi possiamo conoscere Dio nella misura in cui ci riconosciamo reciprocamente.
Da “Gli ultimi tempi” vol.1 anno A

/ la_parola