05 Giugno 2022 – DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno C
05 Giugno 2022 – DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno C
PRIMA LETTURA: At 2,1-11 SALMO: 103 SECONDA LETTURA: Rm 8,8-17
VANGELO: Gv 14,15-16.23b-26
…La nostra società è piena di celebrazioni, è sostanzialmente necrofila perché non riesce a pensare se non in termini di passato, mentre il futuro che incombe attende risposte creative, le quali non possono esserci se noi non nobilitiamo la lingua di tutti gli uomini; cioè se non siamo in grado di dare messaggi che ciascuno ascolti con la convinzione di averli ascoltati nella propria lingua. Questo è il miracolo che deve avvenire. «E perché ascoltando, ciascuno ascolta nella propria lingua?». Ecco il miracolo che deve avvenire. Non possiamo camuffarci e nemmeno possiamo negare tutto ciò che ci è stato trasmesso, ma se noi parliamo secondo lo Spirito parliamo in modo tale che la nostra parola, pur essendo quella che è, collocata in una certa forma nella molteplice storia delle lingue umane, trasmette qualcosa che ciascuno raccoglie secondo la propria lingua. Abbiamo bisogno di questo miracolo perché l’alternativa è la crescita della paura. Quando osserviamo tentativi di restaurazione dobbiamo cogliervi, con comprensione umana, un bisogno di difesa. Come si fa se si vive scoperti di fronte a prospettive nuove? Dobbiamo esaltare la potente creatività che è in tutti gli uomini perché tutti gli uomini aspirano a parlare una lingua comune e, come si è detto, c’è dentro di noi una grammatica generativa come potenzialità di un linguaggio comune. Abbiamo pericoli comuni, un futuro comune senza più distinzione. Le lontananze si sono accorciate, anzi sono scomparse e perciò non possiamo che pensare in modo globale. Ogni speranza che io addito a me ad a voi nel futuro deve valere per ogni uomo della terra. Già questo ci permette di liberarci delle illusioni di cui invece la nostra società impaurita è feconda. Quali sono queste illusioni? Per esempio quella di scandire dinanzi a noi un progresso economico che vale solo per noi. Se si parla di progresso economico dobbiamo domandarci se si tratta del progresso economico dell’umanità intera o del progresso economico di una parte a danno dell’altra. Se così è, questo progresso non ci libera dalla paura, anzi l’aumenta. E così si dica di ogni altro aspetto che costituisce l’orizzonte provocante e minaccioso che abbiamo davanti. Questo modo di pensare in universale non è il modo che ci è stato insegnato nelle scuole, né quello con cui gli eredi delle rivoluzioni hanno proclamato la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. In nome di quei valori abbiamo conquistato il mondo e lo abbiamo reso schiavo! La storia di questi ultimi duecento anni è questa: con quelle bandiere abbiamo fatto schiavi. Abbiamo sfruttato il prossimo con la parola «fraternità». Abbiamo instaurato dittature coloniali con la parola «libertà». Questo abbiamo fatto. Non possiamo più perseguire una universalità che non passi attraverso il rispetto delle molte lingue, delle molte attese degli uomini per il semplice fatto che siamo una sola famiglia. Nessuno lo ha mai saputo come noi in questa fine del secolo. Lo Spirito ci deve liberare dall’immagini più care. Io non posso più pensare a Gesù Cristo come ci pensavano – per andar lontano – Sant’Agostino o Dante Alighieri devo pensarci in modo totalmente nuovo. La fedeltà a Lui non è la fedeltà ad una immagine forgiata nelle officine del magistero del passato, ma che non è più al livello dell’umanità di oggi. È lo Spirito che mi suggerisce tutto questo, non l’arbitrio, il capriccio. È lo Spirito che ci deve suggerire nuovi modi di annunciare il Vangelo…
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 3