25 Luglio 2021 – XVII – TEMPO ORDINARIO – Anno B
25 Luglio 2021 – XVII – TEMPO ORDINARIO – Anno B
PRIMA LETTURA: 2 Re 4, 42-44 SALMO: 144 SECONDA LETTURA: Ef 4, 1-6
VANGELO: Gv6,1-15
… Se io immagino l'umanità come la turba che Gesù vide che aveva fame, io devo sapere che questa turba deve essere partecipe in modo egualitario ai beni di questo mondo, deve sedersi fraternamente nel banchetto della creazione. Questo vuole il Signore. Lo vuole. È la certezza che mi viene dalla mia fede. Se io non voglio questo, la mia fede non è concreta, non passa attraverso la carne umana. Allora nasce il grande problema dei mezzi per raggiungere questo obiettivo; e i mezzi emergono e si diversificano nel cammino della storia. Gesù non dà i mezzi Egli non indica i mezzi, perché i mezzi hanno la relatività del divenire storico; sono diversi a seconda del tempo. Ed è l'intelligenza dell'uomo, congiunta alla sua coscienza morale, che deve elaborarli ed usarli, perché si realizzi quello che è l'annuncio del Vangelo, l'umanità fraterna. Il Vangelo non è politica, ma ne illustra gli orizzonti e quindi i criteri di giudizio ultimo. La politica è. azione dell'uomo. Ed è azione dell'uomo volta a modificare le condizioni di miseria e di lacerazione in cui l'umanità cresciuta secondo coscienza è invece in condizioni barbariche, a livello oggettivo. Il dramma nostro è che ci rendiamo conto, se vogliamo, dello stato intollerabile del genere umano e dall'altra parte non abbiamo strumenti adeguati per modificarlo. L'ignoranza ci giova. L'ignoranza è qualcosa che ci viene offerta dall'ambiente in cui viviamo. Siamo tutti in una specie di bombardamento psicologico sullo stato di crisi in cui viviamo, verso cui andiamo, una crisi che durerà. Però è un discorso molto insulare, da ghetto, perché dobbiamo domandarci che senso ha questa crisi se vista dal mondo denutrito che crisi è la nostra? È la crisi del ricco Epulone che deve fare un pranzo in meno, mentre Lazzaro è sempre alle porte, affamato. È una crisi che ci stringe attorno in un modo più minaccioso perché noi non saremo più quel che siamo stati. Se l'umanità si sveglia se i profughi del mondo ci assalgono, se i derubati acquistano coscienza dei loro diritti, noi siamo finiti, noi precipitiamo. Dobbiamo sempre tenere unita la visione del pianeta che ormai è la nostra stanza indivisibile, per giudicare i processi particolari. Questo respiro universale è lo stesso respiro del Vangelo. Bisogna vedere che facciamo: se ci mettiamo lungo la linea di questo movimento, perché tutti si seggano allo stesso banchetto, oppure resistiamo, più o meno convinti, a questa invasione degli affamati che vogliono sedersi con noi e ci invitano a spezzare il pane con gli altri, adattandoci ad averne la stessa porzione. Dico « pane» per simbolo, evidentemente. Mi viene fatto di pensare che noi viviamo il momento del banchetto messianico durante l'Eucaristia. È stato giustamente osservato come il racconto della moltiplicazione dei pani è in realtà un momento liturgico, è un rito quello che Gesù compie: prende il pane, lo benedice, lo distribuisce, come farà nell'ultima cena. La vera eucaristia non è quella fatta in una accolta di discepoli, è quella fatta a cielo scoperto, con l'umanità intera. Quella è l'eucaristia vera. L'altra, la nostra, è un simbolo che deve ricordarci che siamo impegnati a vivere la vera eucaristia che è l'umanità fraterna, diventata un solo corpo, un solo organismo. In quel momento Dio sarà tutto in tutti; fino ad allora lo stesso Dio che preghiamo ha un volto che spesso ci ripugna perché gli diamo la nostra maschera. È un Dio che ci modelliamo per essere tranquilli in coscienza. Siamo collocati in una necessità storica che ci impedisce di vivere anche i momenti simbolici del sacramento con tranquillità interiore. Questa inquietudine non è la cattiva inquietudine, la morbosa inquietudine che. genera il senso di colpa e insieme ne è generata. È invece lo sviluppo di quella crescita di coscienza che ho detto essere un segno dirimente del nostro tempo, ed essere anche un luogo di rivelazione del disegno di Dio. Congiungendo le grandi visioni finalistiche della profezia evangelica e i processi di crescita del mondo, stabilendo un contatto noi scarichiamo una forza elettrica nella nostra coscienza: da una parte sappiamo che non possiamo essere cristiani se non ci impegniamo a far sì che ciò che è stato profetizzato si adempia, dall'altra parte sentiamo che per operare adeguatamente a questo scopo ci vorrebbero strumenti che non abbiamo, mezzi che ci mancano, e quindi siamo condannati al fallimento. Solo se noi resistiamo a questa frustrazione e militiamo per la speranza a costo di tutti i fallimenti, noi diamo esempio di che cosa sia essere sale della terra. Il pianeta è una stanza sola: ci sono quelli sazi e quelli affamati. Che cosa sono le nostre Eucaristie? Sono atti indegni. A meno che non siamo coscienti di questo e non ci impegniamo a vivere le nostre giornate feriali per modificare lo stato del mondo. Solo allora possiamo spezzare il pane con penitenza e gioia.
Ernesto Balducci – da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol. 2