8 Dicembre 2020 – IMMACOLATA CONCEZIONE – Anno B
8 Dicembre 2020 – IMMACOLATA CONCEZIONE – Anno B
PRIMA LETTURA: Gn 3,9-15.20 SALMO: 97 SECONDA LETTURA: Ef 1,3-6.11-12
…Quanto siamo stati inibiti e frustrati, noi cristiani, da una obiezione classica, in cui si diceva che quanto l'uomo attribuisce a Dio lo sottrae a se stesso! L'uomo vuol essere onnipotente, non ce la fa e chiama Dio «onnipotente». L'uomo vuoi essere immortale, constata che non è vero, e chiama Dio «immortale». Tutto ciò che l'uomo attribuisce a Dio lo sottrae a se stesso. L'obiezione coglie certi profondi processi psicologici ma, in fondo in fondo, essa è la voce del serpente: se voi voleste potreste essere come Dio. Quel che caratterizza gli uomini del potere è proprio la tentazione di essere come Dio, al punto di attribuirsene le prerogative. Nella grande corte di Francia durante la cerimonia religiosa, il pubblico non guardava all'altare ma guardava il Re nella sua tribuna, il re Sole, perché guardando lui, di riflesso guardava Dio! Questa mitologia del potere non è rimasta ai vertici, si è dipanata ramificandosi fino ai rapporti più elementari; come quelli che ci presenta la pagina del Genesi. Le punizioni inflitte da Dio sono in realtà – le due cose si equivalgono – gli effetti della scelta peccaminosa. I racconti delle origini sono sempre eziologici, vogliono cioè rispondere alla ricerca della causa di ciò che si sperimenta. Ad esempio la paura che l'uomo ha di Dio: «avevo paura, perciò mi son nascosto». È qui la vera radice del peccato. Secondo l'intervento di Dio la vera forma unitaria della creazione (tra l'uomo e la donna, tra gli uomini tra di loro, tra gli uomini e la natura) è l'amore. Se l'uomo vivesse pienamente nell'amore, vedrebbe Dio faccia a faccia. E invece l'uomo si fa un Dio a sua immagine e somiglianza. In ogni epoca si parla di Dio in modo diverso, nelle classi sociali diverse se ne parla in modi diversi. Ma questo Dio è una proiezione condensata e cristallizzata di condizioni culturali e di ambizioni umane. Il vero Dio non è mai quello conosciuto. Un credente ha sempre due movimenti nel suo spirito: il primo dice che Dio è, il secondo dice che Dio non è quello che si dice. In questo momento la fede termina nel mistero, aderisce alla realtà di Dio non nel versante in cui Egli è dicibile, ma nel versante in cui Egli è ineffabile. L'uomo ha paura di Dio perché in realtà sente che Dio lo spodesta. Affermare Dio significa accettare la propria creaturalità, significa aderire alla verità della propria finitezza. Una volta entrato nella via della simulazione di Dio attraverso la scelta del dominio e del potere, l'uomo ha paura di Dio. La paura di Dio è la radice, non dico dell'ateismo ma del nostro ateismo, della nostra miscredenza. Anche noi che ci diciamo credenti in realtà siamo, per buona quota, dei non credenti. L'altra deviazione è la menzogna. Dove è il potere, entra la menzogna. L'uomo e la donna si accusano, si odiano e si ingannano e mirano a ingannare Dio che li interroga. Come è vero, questo! C'è una verità primordiale che possiamo raccontarci solo passeggiando sulle zolle del Paradiso Terrestre (parlo per simboli): questa verità è che dalla sete del potere nasce la menzogna e prima di tutte quella che sta alla base dell'inimicizia uno dei tratti più caratteristici di tutta la storia che abbiamo conosciuto.Anche l’amore porta in sé l’insidia dell’inimicizia, e cioè dell’accettazione e dell’esercizio di un dominio. La donna ideale è quella che accetta il dominio con mitezza, bontà e rassegnazione. Così il maschio, prodotto del potere, ha descritto la donna che vuole: la donna vergine, la donna madre; riposo, mitezza, angelo del focolare. Omicida, feroce, egli si è creato il suo simile in cui ritrova la parte di se stesso che nel suo ruolo preciso nega e calpesta. È il peccato. Ovunque si perpetua il dominio dell’uomo ivi c’è il peccato originale, costitutivo. E il peccato colpisce anche la creazione. La creazione diventa maledetta: come dice Paolo «è stata sottoposta al peccato». Oggi noi abbiamo sotto gli occhi una spaventosa manifestazione di questo peccato dell’uomo contro la creazione. L’arma atomica è un’arma di inimicizia contro la creazione stessa perché essa produce deserto. Fin qui ho fatto una rievocazione della conseguenza del peccato originale, come peccato di disobbedienza. Devo obbedienza a Dio che ha creato con amore le cose, che ha posto le cose nelle mani dell’uomo perché le usi con un amore che implica necessariamente il rigetto di ogni violenza. Dire di sì a Dio è dire di sì alle stelle, ai fiori, agli uccelli, all’uomo, alla donna. Dire di si alla creazione è l’obbedienza di fondo. In questo io trovo – ad esempio – un superamento radicale di tutte le divisioni religiose. Se un uomo lotta perché la creazione sia preservata dallo sterminio, non importa sapere se è cristiano o non cristiano: è nell’amore. I cristiani che si dicono tali annunciano non una qualità in più ma una responsabilità in più. La fede è la condensazione estrema di questo senso di responsabilità di fronte a tutto il creato. Allora obbedire a Dio significa, dentro la città del potere, il suo opposto. Ecco: Maria è la creatura che ha detto: «sia fatto di me secondo la Tua Parola». Ha detto sì alla volontà del Padre e ha detto sì all’amore; per questo è cominciata con lei la storia che ci introduce dentro la trama invincibile del potere, dell’odio e dello sterminio, come l’opposto. Il Figlio di Maria, che muore sulla croce per amore, è il segno sublime di cosa sia questa storia diversa in cui per fede noi ci consideriamo immersi e in cui tutti gli uomini che assecondano la luminosa voce della coscienza si trovano inseriti. È la civiltà dell’antipotere: no alle armi, no al dominio coattivo dell’uomo sulla donna, no alle costruzioni del potere la cui solidità consiste nell’irresponsabilità dei sudditi nei confronti di chi governa, e di chi governa nei confronti dei suoi sudditi.
Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” vol- 3