6 Settembre 2020 – 23^ DOMENICA TEMPO ODINARIO- Anno A
6 Settembre 2020 – 23^ DOMENICA TEMPO ODINARIO- Anno A
Noi abbiamo avuto, nello scenario drammatico della storia, alcuni uomini empi, di cui oggi è facile dire tutto il male possibile, che con l'oppressione, la guerra, lo sterminio hanno inferto una piaga non più rimarginabile nella memoria dell'umanità. A chi Dio chiederà conto di quegli empi? Quanti hanno taciuto! Quanti cristiani, anche in alto, sono stati in silenzio! Per paura, per preoccupazione, per prudenza. In quel momento è mancata, là dove doveva esserci, la sentinella che grida.
PRIMA LETTURA: Ez 33, 7-9- SALMO: 94- SECONDA LETTURA: Rm 13, 8-10- VANGELO: Mt 18, 15-20
L'immagine della sentinella è una immagine ricca di senso perché incarna quel principio fondamentale della morale in genere, e di quella cristiana in assoluto, che è il principio della responsabilità. Disse Caino a Jahvè: «sono forse il custode di mio fratello?» Dice il Signore: ognuno di voi è custode di tutti gli uomini, ne è responsabile. Stiamo quindi nel mondo come sentinelle: l'immagine indica l'atteggiamento di vigilanza, di attenzione, di alacrità, di dimenticanza di sé. Questa immagine, che possiamo collocare sullo sfondo per dare una cornice suggestiva alla nostra riflessione, mi richiama – permettete che prenda lo spunto da memorie storiche antiche e recenti – tempi ormai lontani, della storia che abbiamo vissuto, in cui si è avverato quello che in questo brano Ezechiele dice: «Se tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, l'empio morirà ma della sua morte chiederò conto a te». Noi abbiamo avuto, nello scenario drammatico della storia, alcuni uomini empi, di cui oggi è facile dire tutto il male possibile, che con l'oppressione, la guerra, lo sterminio hanno inferto una piaga non più rimarginabile nella memoria dell'umanità. A chi Dio chiederà conto di quegli empi? Quanti hanno taciuto! Quanti cristiani, anche in alto, sono stati in silenzio! Per paura, per preoccupazione, per prudenza. In quel momento è mancata, là dove doveva esserci, la sentinella che grida, capiti quel che può capitare, anche di restare ucciso, perché noi siamo alla sequela di Colui che per aver parlato è stato ucciso. È una memoria dura per chi la porta in sé, per aver vissuto quel tempo. È una memoria che fermenta perché noi, in questi giorni, siamo dinanzi alla singolare vicenda di revisione della storia di quel periodo e c'è chi vuole buttare dal piedistallo nella melma gli eroi e chi vuol esaltare i colpevoli come delle innocenti vittime. I giudizi storici stanno dissolvendosi dinanzi ai nostri occhi. […] Non sappiamo più con chiarezza che cosa pensare. Queste situazioni storiche stanno a dimostrare che quel compito così essenziale per l’esercizio della responsabilità morale a tutto raggio spesso manca dei suoi presupposti. Cosa significa giudicare? Quali. sono gli atti, i gesti, gli uomini di cui aver memoria riconoscente? Quali sono coloro che dobbIamo ritenere ormai definitivamente condannati? Con quali criteri giudicheremo? Qui dobbiamo subito distinguere due livelli di giudizio, di cui solo il secondo ci interessa. Un giudizio storico, anch'esso mutevole in quanto i criteri di giudizio storico sono sempre assunti dalla situazione che la storia ha prodotto e che viene adottata come misura di tutto ciò che l'ha preparata. Chi l'ha contrastata è da considerarsi negativo e chi l'ha invece preparata è da considerarsi come eroe, come uomo degno di riconoscenza. Vorrei invece riferirmi ad un giudizio certamente strettamente coniugato al primo ma che ha una sua autosufficienza: è il giudizio morale che dobbiamo dare sugli avvenimenti e sugli uomini. Intanto volevo sottolineare questo elemento della responsabilità che è così fondamentale e spesso così dimenticato, soprattutto nell'ambiente religioso dove la proiezione dell'esistenza verso la realtà al di là della storia sembra autorizzare all'indifferenza per ciò che avviene in un mondo che tanto è «tutto cattivo». Così pensa, grossolanamente dicendo, l'uomo religioso tipico. Noi siamo responsabili di quello che avviene, siamo sentinelle messe qui per vivere con responsabilità la sorte dell'umanità come se fosse la nostra. Dobbiamo tener conto di questa verità che in maniera trasparente ci è stata oggi ricordata. Ci dobbiamo collocare a quel livello in cui la legge non conta più. Essa è adempiuta e superata perché il compimento della legge è l'amore. Giudicare nell'amore intanto vuol dire guardare gli uomini senza tener conto di quelle innumerevoli divisioni costruite dalla legge, dove per legge intendiamo non soltanto la norma giuridica, intendiamo l'intero universo della cultura. Noi dobbiamo abbattere tutte queste barriere – occidentale, arabo, negro … – in quanto queste cose non contano. Chi si colloca al livello dell'amore, responsabile dell'umanità intera come ogni cristiano è per sua vocazione messianica, deve liberarsi da queste discriminazioni, deve guardare il mondo con l'occhio con cui – supponiamo – Dio lo guarda.
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol: 1