19 Aprile 2020 – 2^ DOMENICA DI PASQUA – Anno A
19 Aprile 2020 – 2^ DOMENICA DI PASQUA – Anno A
L'esigenza di modellare il mondo secondo una prospettiva di pace, e quindi di rompere tutti i condizionamenti economici che si frappongono a questa comunione, questa esigenza è invincibile!
PRIMA LETTURA: At 2,42-47- SALMO:117- SECONDA LETTURA: 1 Pt 1, 3-9- VANGELO: Gv 20, 19-31
…Se noi facessimo delle comunità cristiane comunità acculturate in un certo modo, secondo una certa filosofia, una certa tradizione, una certa dottrina sociale, noi, con le migliori intenzioni, soffocheremmo dentro i ciarpami dell'umano sapere la originalità creativa dell'annuncio della Resurrezione. Magari ottenendo prestigio, incidenza storica, ma in realtà avendo venduto l'oro puro della fede. Questa purezza della .fede va recuperata. Noi siamo in un tempo in cui vediamo bruciare – per così dire – tutto ciò che deriva dall'uomo, secondo, appunto, la profezia di Paolo e secondo quanto dice anche qui, la Prima Lettera di Pietro: «l'oro puro si purifica nel fuoco ». Questa purificazione la vediamo! Quante cose stan bruciando! scorie scompaiono, aspetti che per alcuni erano irrinunciabili vanno dissolvendosi. Tutto questo è benedizione se ritroviamo il punto di riferimento, se ci ricostruiamo nella misura dell'annuncio della Resurrezione del Signore. La comunità viveva in unione. Questa comunione non è l'unità ideologica, è l'unità della fede. Principio su cui tante volte siamo tornati, ma in questa piccola rassegna della struttura genetica della Chiesa è bene ricordarlo. Noi non siamo uniti da niente altro se non dalla fede; se altre unioni nascono, esse sono relative e tutte contestabili. Difendere con gelosia questa unione di fede a costo di contestare tutte le altre forme di unità fra i cristiani, è un compito dell'annuncio della Parola di Dio. È scandaloso ma importante. Se noi scambiamo queste unità di fede con le unità politiche – supponiamo – noi crediamo di rendere onore a Dio ma in realtà violiamo la intangibile superiorità della comunione di fede. Siamo in un momento in cui – come tutti sapete – diamo spettacolo di divisione. Ancora troppo poco a mio giudizio. La diversità della comunione di fede, è un valore che dobbiamo esaltare, perché è testimonianza della speranza viva che portiamo in noi. Questi momenti della comunità cristiana la rendono idonea ad affrontare il mondo storico. Non è un caso di esaltazione carismatica ciò che noi leggiamo qui, negli Atti degli Apostoli: i primi credenti mettevano in comune tutto quello che avevano. Se io accosto questa comunità di beni con la Parola iniziale del Regno messianico « Pace a voi », io vedo che c'è una sola direttiva di marcia storica. Io non dico che la realizzazione della fraternità umana debba necessariamente passare con la messa in comune dei beni. Occorre però sostenere un principio che dispiace a tutti gli spiritualisti, vecchi e nuovi: che la fede nella Resurrezione non è un fatto di anime, essa incide nelle strutture economiche. L'esigenza di modellare il mondo secondo una prospettiva di pace, e quindi di rompere tutti i condizionamenti economici che si frappongono a questa comunione, questa esigenza è invincibile! L'aver detto che la comunione di fede è una comunione dello spirito che non ha niente a che fare con la realtà del mondo, ha significato quel che ha significato. Non ci torno sopra. Aver fede significa non tollerare un mondo le cui meccaniche sono quelle della divisione tra gli uomini; impegnarsi a dare una testimonianza di fraternità che incide e modifichi le strutture che riguardano la Chiesa come tale; aspirare ad un mondo in cui la ricchezza non sia divisione, in cui le cose non siano possedute con istinto di appropriazione ma siano usate con l'esigenza del servizio reciproco, per cui la natura stessa e la creazione riprenda la sua bellezza, ritrovi il suo splendore. Le cose si mettono in lotta con noi perché esse ci posseggono, non noi le possediamo. Questa è la verità vera. Il bisogno di capovolgere questo rapporto è un bisogno che nasce dalla fede vera, non alienata. Sono mutate le circostanze economiche dell'epoca apostolica, che aveva una economia semplice; segnata dalle speculazioni elementari. Siamo nell'epoca delle accumulazioni mastodontiche, supernazionali. Non saranno certo le piccole comunità che mettono i beni in comune a cambiare il mondo! Dobbiamo dare alla nostra aspirazione di salvare il mondo dimensioni collettive e universali. Ecco perché il passaggio alla politica è un passaggio inevitabile. Se si evita, si lascia libero spazio alla politica della divisione tra gli uomini. Così, in genere, fanno gli spiritualisti. Credono di salvare il mondo riunendosi a pregare e lasciando che il mondo si divida, anzi – in quanto anche essi uomini che mangiano e guadagnano – contribuendo alla divisione. Non possiamo tollerare questa frattura. Dobbiamo operare perché il mondo sia unito, combattendo contro tutti i meccanismi oggettivi che favoriscono le divisioni. Rispondere al problema: quali sono questi meccanismi? Quali le tecniche per mutarli? non è compito della fede. Ma l'esigenza di mutare il mondo è un'espressione necessaria della fede. Chi non ha questa esigenza non è un cristiano. È nel rispondere a questa esigenza che la comunità di fede diventa lievito della storia.
Ernesto Balducci – da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol. 1