4 Marzo 2018 – 3^ DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B
4 Marzo 2018 – 3^ DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B
L'incontro con Dio non è l'incontro con l'uomo in una conversazione di salotto, o in un viaggio in treno: l'incontro con Dio è l'incontro con l'uomo che ci mette in questione, per comprendere il quale ci vergogniamo di essere quelli che siamo. È il giudizio di Dio che ci parla attraverso l'esistenza squallida e insignificante di una creatura. È allora che Dio ci mette al suo cospetto.
PRIMA LETTURA: Es 20,1-17- SALMO: – SECONDA LETTURA: 1Cor 1,22-25- VANGELO: Gv 2,13-25
… La potenza – uso questa parola nel senso giusto – rivoluzionaria che è nella Parola del Cristo, noi non l'abbiamo ancora scoperta, perché siamo ancora prigionieri della Legge, del Tempio e della cultura. Pesa su di noi una eredità per cui, ad esempio, già per poter parlare di queste cose ci vuole una certa cultura, quella che io mi son fatta con fatica, mentre nella logica della croce forse meglio parlerebbe di Dio un povero o un analfabeta. Essere collocato per consuetudine di anni nelle sfere della cultura vuol dire aver conquistato un potere che è più di strumenti concettuali che di autentica conoscenza. Sono coloro che vivono nel buio del Venerdì Santo che conoscono Dio anche se sono nella tragedia del male, anche se hanno commesso il peccato. Vivono nell'angoscia, esclusi dalla Legge, colpiti nella propria dignità. Chi dice che le vie della Chiesa sono le vie dell'uomo può creare anche una nuova retorica. Non esiste l'uomo, esistono gli uomini concreti. Quali sono gli uomini concreti in cui meglio si rivela il mistero della croce del Signore? Di quest'uomo ridotto a un verme « senza bellezza né decoro», che se lo avessimo visto lo avremmo scansato, come dice Isaia? Non dimentichiamoci che al di là del credere o non credere c'è una partecipazione al mistero dell'amore di Dio che sale dai fatti, dal modo concreto di esistere. Molti, che non sanno nemmeno pregare, sono dentro il mistero di Dio più profondamente di chi ne parla. Noi abbiamo ridotto la fede a consapevolezze psicologiche e verbali, mentre essa, di fatto, è il modo concreto di abitare in Dio. Molti che si credono atei son dentro il beneplacito di Dio e molti che gridano Dio tutti i giorni son fuori da quel beneplacito. La Croce a questo ci porta, a superare tutte le barriere, le distinzioni giuridiche, morali e concettuali. Nel mondo, ci sono creature. che vivono nell'agonia, e vivono nell’agonia portando Il peso del nostri peccati. I nostri peccati pesano su tanta povera gente. Gli stessi privilegi economici che noi abbiamo, pesano su tutti coloro che sono sfruttati affinché noi abbiamo questi privilegi. C'è un peccato collettivo. Mi domando adesso dove va a finire il peso di questo peccato. C'è la possibilità di individuare geograficamente i crocifissi del mio tempo, gli uomini che io devo amare. Quando io dico che .devo amare «l'uomo» alludo, certo, a tutti gli uomln1, perché tutti siamo coinvolti in una stessa tragedia, tutti sottoposti alla stesa condanna di morte, tutti miserabili. Ma c'è una miseria che si fa visibile e tangibile, e quindi eloquente, ed è quella che diventa la vera misura per far fare dell'incontro con l'uomo un incontro con Dio. L'incontro con Dio non è l'incontro con l'uomo in una conversazione di salotto, o in un viaggio in treno: l'incontro con Dio è l'incontro con l'uomo che ci mette in questione, per comprendere il quale ci vergogniamo di essere quelli che siamo. È il giudizio di Dio che ci parla attraverso l'esistenza squallida e insignificante di una creatura. È allora che Dio ci mette al suo cospetto. Se stiamo a pregare in una chiesa possiamo anche compiacerci dei buoni sentimenti che evaporano dal nostro profondo, ma se incontriamo un pezzente e scansiamo questo incontro perché ci turba, allora noi riconosciamo che non siamo secondo la Croce del Cristo, che abbiamo paura dell'uomo che ci mette sotto questione. Questo è, a mio giudizio, il processo, sempre da ricominciare, e a cui ci avvia una. compren¬sione autentica del Vangelo. Il Vangelo non si esaurisce mai perché il contenuto del suo messaggio non è un sistema di concetti ma una interpretazione concretissima, non ideologica, non consumabile, perenne come l'uomo vivo. E siccome noi viviamo in un tempo in cui le ragioni di paura crescono, allora noi possiamo obbedire a questa paura secondo l'istinto di conservazione – arrangiarci come possiamo nelle calamità comuni – e possiamo vivere in questa paura dimenticando noi stessi, aiutando coloro che portano Il peso della nostra iniquità. Le analisi di ordine sociologico ed economico sono importanti, sono un approccio alla verifica di chi sia l'uomo concreto, ma non ci dimentichiamo che nessuna analisi, legata com'è a preliminari conoscitivi, può mai arrivare a cogliere la carne viva dell'uomo che ci attende per giudicarci. Potrei parlare del proletariato, ma c'è qualcosa che sta ancora più in basso. Potrei parlare del Terzo Mondo, ma c'è una condizione umana ancora più bassa: non remota geograficamente e che ci ritorna addosso continuamente. Sono i giovani tentati di suicidio, sono i disoccupati tentati di violenza, sono gli sfrattati, i senza casa, tutti coloro che sono la suppurazione di un sistema di cui godiamo per lo più l'aspetto privilegiato. Ci è facile allora capire che solo la misericordia di Dio ci salverà. Dalla riflessione senza infingimenti, senza barriere concettuali, scaturisce finalmente un'invocazione piena di umiltà perché la misericordia di Dio copra i nostri peccati e ci liberi tutti dalla perdizione.
Ernesto Balducci – da: “Il mandorlo e il fuoco” – Vol. 2