15 Gennaio 2017 – 2^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – anno A

15 Gennaio 2017 – 2^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – anno A

15 Gennaio 2017 – 2^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO  – anno A    

                                                            

Se la nostra cultura non è più sicura di sé, è perché gli emarginati stanno acquistando la coscienza della loro cultura: è perché, dunque, la grande piattaforma del privilegio su cui eravamo stati saldi, credendoci universali, si sta sfasciando, le palafitte crollano, emerge un mondo diverso.

 

 

PRIMA LETTURA:  Is 49, 3. 5-6- SALMO: 39- SECONDA LETTURA:  1 Cor 1, 1-3- VANGELO:  Gv 1, 29-34

 

…Quando diciamo Regno di Dio non usiamo un termine mitico, senza contenuti precisi, suggestivo appunto perché non concreto, facile ad ospitare in sé, nel suo calore e nella sua universalità, le utopie della storia. Il Regno di Dio viene a noi in forme concrete. Quando parlo del Regno di Dio secondo il realismo della fede mi devo interrogare su quali sono le possibilità che germogliano sotto i miei occhi oggi, in questo momento. Ogni possibilità che germoglia e che porta con sé un passaggio dal particolarismo alle universalità, dall’istinto di proprietà alla generosità dell’oblazione e della dedizione; dall’orgoglio di gruppo, all’amore per l’uomo e soprattutto per l’uomo più remoto da me, dall’orgoglio di cultura alla simpatia per il diverso, per l’inedito, per ciò che non rientra nei miei schemi mentali, tutto questo è Regno di Dio. Il quale, dunque, è dentro la casa ed è nell’Universo. Dentro la famiglia, ogni qual volta l’istinto di proprietà, il dominio del padre sul figlio, dell’uomo sulla donna è vinto da una comune decisione di vivere in comunità, nello scambio dell’amore e della premura per il mondo, c’è il Regno di Dio. E nella Chiesa, se l’istinto di difesa di sé, di far corpo con gli altri, di difendere le proprie proprietà e le proprie comunità contro gli altri è vinto dal desiderio, dalla premura di essere con gli altri, di perdere se stessa, di morire a se stessa per gli altri, c’è il Regno di Dio. Il Regno di Dio, dunque, non è una favola, è un termine complessivo che si fraziona e si determina nello svolgersi stesso del tempo con la debolezza e la forza delle gemme che sbocciano, secondo l’immagine evangelica. L’uomo, fedele alla Parola del Signore si distingue per l’universalità del suo sguardo. Non lasciamoci aduggiare dalle ombre troppo prossime degli avvenimenti che ci circondano: non leggiamo mai il particolare dentro il particolare, ma inseriamolo nella vastità universale della storia che viviamo. Solo così comprenderemo che l’altra faccia delle nostre disperazioni è la speranza di coloro che non entrano nel nostro privilegio. Se noi ci impoveriamo è perché uomini disperati, senza pane, forse cominciano a mangiare. Se la nostra cultura non è più sicura di sé, è perché gli emarginati stanno acquistando la coscienza della loro cultura: è perché, dunque, la grande piattaforma del privilegio su cui eravamo stati saldi, credendoci universali, si sta sfasciando, le palafitte crollano, emerge un mondo diverso. Dobbiamo domandarci se la nostra angoscia spesso non sia un sintomo di coscienza particolaristica. Spesso è così: perché giudichiamo il mondo semplicemente da ciò che avviene nei dintorni dei nostri interessi costituiti. L’universalità è un tratto distintivo dello spirito profetico cristiano. Ma accanto all’universalità c’è, nello sguardo cristiano un altro tratto, la concretezza, l’amore per il particolare. Noi seminiamo ideali, troppo grandi e quindi consolatori è sterili, divezzandoci dall’attenzione a ciò che avviene in casa nostra. Parliamo, ad esempio, di fraternità universale – è un luogo comune della retorica cristiana – e non sappiamo stabilire secondo giustizia i rapporti di azienda – ma che dico? i rapporti familiari! Occorre invece congiungere l’universalità più universale – se posso dire così – col particolare più particolare. Stringere in un nodo gli estremi. E in quel momento sentiamo la fecondità del nostro essere al servizio della salvezza dei popoli. Altrimenti i nostri discorsi passano sulla testa del concreto e diventano, appunto, alienazione e mistificazione. È in questo modo che lo Spirito profetico – abbandonando ogni enfasi ed ogni atteggiamento altisonante – entra, con l’umiltà di chi cammina con piedi di carne, nella cronaca e vi semina il futuro di Dio e il futuro dell’uomo.

 

 

Ernesto Balducci – da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol 1

 

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