10 Luglio 2016- 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

10 Luglio 2016- 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

10 Luglio 2016- 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

La coscienza può anche favorire una forma di narcisismo in cui prosperano molti errori perché la verità dell’uomo non sta nell’io ma sta nel tu; solo se io mi so raccordare con il tu trovo la verità dell’io.

 

PRIMA LETTURA:  Dt 30, 10-14- SALMO: 18- SECONDA LETTURA:  Col 1, 15-20 – VANGELO   Lc 10, 25-37

 

 

            In base a un continuo confronto con le situazioni spirituali e culturali del nostro tempo, mi avviene di dover riconoscere con sempre più evidenza che esiste, di fatto, un vincolo che unisce tutte le creature razionali, al di là delle diverse religioni che professano, delle diverse ideologie da cui sono guidate nel loro impegno pubblico. Questo vincolo è – tante volte se ne è parlato – la fedeltà alla voce interiore della coscienza. Nel tempo passato, la fede cristiana aveva cercato una sua mediazione, uno strumento concettuale e simbolico attraverso il quale esprimersi, in quella che nell’antichità si chiamava la «religione naturale». Esiste – così si pensava – una naturale esigenza religiosa che sta nel cuore e nelle tradizioni dell’uomo e questa religione naturale trova nelle fede in Cristo il suo completamento, al punto tale che essa serve per esprimere la verità che Cristo ha annunziato. L’idea di Dio, l’idea dell’anima, l’idea dell’eternità, del premio e del castigo non sono idee cristiane, sono idee che fanno parte di una religione naturale diffusa in tutti i tempi ed in tutti i luoghi, pur sotto infinite variazioni. Io sono convinto che questa religione naturale è ormai alle nostre spalle e prende piede un’altra forma di religione – la chiamerò così nel senso etimologico: religio da religare, ciò che lega, ciò che stringe – ed è questa fedeltà alla coscienza come elemento comune di quelli che chiamiamo, con termine generico, uomini di buona volontà. Gli uomini di buona volontà sono coloro che danno importanza prioritaria al verdetto interiore della coscienza. È attraverso questa fedeltà alla voce interiore che la fede in Gesù Cristo deve presentarsi, esprimersi, farsi credibile agli altri non come qualcosa di sovrapposto, che opprime e dissolve quello che c’era prima, ma come una spinta al completamento, come un inveramento di attese latenti dentro la voce silenziosa della coscienza.[…] Detto questo, a scanso di equivoci, ecco la religione universale che ci affratella tutti. Dobbiamo sempre partire dal presupposto, che andrà poi verificato, che ogni uomo obbedisca alla sua coscienza. Già questo merita rispetto. Non andremo verso gli altri con le tavole della legge in mano, andremo verso gli altri con un atteggiamento fraterno, con l’atto di ossequio non finto, non diplomatico, ma reale verso ciò che supponiamo sia la sua legge: l’obbedienza a se stesso. Dentro questa cruna d’ago deve passare ogni altra verità. Chiunque ci propone premi o ci minaccia castighi senza tener conto di questa condizione non merita attenzione. Quando diciamo una parola che riteniamo verità di Gesù Cristo sappiamo a priori che essa deve coincidere con l’attesa interna dell’essere umano. È la grande verità che spero si faccia sempre più strada, sgretolando chiusure, mentalità aggressive in ogni campo, in ogni luogo, in modo che l’uomo non solo disarmi la sua mano ma disarmi la sua mente, in modo che non solo siano aboliti i missile dalle nostre frontiere ma siano aboliti i missili dai nostri cuori, in modo che non solo si stabilisca una diplomazia delle collaborazioni fra opposti mondi ma si stabilisca una diplomazia non finta nel rapporto fra uomo ed uomo che consiste nella reciproca fiducia che provoca convergenza, crescita comune. Tutto questo però va rapportato – ed è la specificità dell’Evangelo – alla misura, alla prova, alla pietra di paragone del gesto d’amore. Questa è la riprova della validità della coscienza perché la coscienza si muove oscillando fra due baricentri. Il primo è dentro di sé. La coscienza può anche favorire una forma di narcisismo in cui prosperano molti errori perché la verità dell’uomo non sta nell’io ma sta nel tu; solo se io mi so raccordare con il tu trovo la verità dell’io. La coscienza che si piega su se di sé e si guarda allo specchio di se stessa diventa perversa. Solo uscendo da sé, nell’oblazione all’altro, la coscienza trova sé e stabilisce quella specie di solidarietà strutturale con tutte le coscienze che ci porta a superare l’io nel noi, il singolo nella comunità potenzialmente universale. Questo passo ha però la sua misura piena nel momento in cui assumo, come mio prossimo colui che è lontano da me perché in questa scelta si condensano tutte le leggi, come dice il Signore, Ecco allora qual è la riconciliazione che Gesù Cristo ha portato. È innanzitutto un programma di esistenza personale. Noi siamo, dentro, esseri irriconciliati. Anche l’idea che uno ami se stesso è uno sbaglio: ci odiamo, spesso. L’amore di noi è l’altra faccia dell’odio di noi stessi. Non siamo pacificati dentro. Questa pace dentro nasce lungo le linee che ho cercato brevemente di tratteggiarvi e che sono poi le vie attraverso le quali si stabilisce la pace fra gli uomini ed addirittura fra i popoli. Questo è il messaggio del Signore. Giustamente si dice che tutto il Vangelo trova la sua condensazione semplice in questa parabola del Samaritano, che anche un bambino può capire. Mi viene a mente allora quello che il Signore diceva: «Grazie o Padre perché queste cose le hai nascoste agli intelligenti ed ai sapienti e le hai rivelate ai fanciulli».

 

 

Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol. 3

 

 

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