14 Giugno 2015–11^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO–Anno B
14 Giugno 2015–11^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO–Anno B
Il seme che non muore non dà frutto, ma le istituzioni, anche quelle ecclesiastiche, non vogliono morire e perciò non danno frutto.
PRIMA LETTURA: Ez 17, 22-24- SALMO: 91/92- SECONDA LETTURA: 2 Cor 5, 6-10 VANGELO: Mc 4, 26-34
…Ritorniamo allora con più umiltà a queste parabole del regno perché esse offrono una sapienza che non è riservata soltanto ai credenti, dato che trattano delle sorti del mondo, è riservata a tutti. Ed infatti quanti che non erano nel gruppo dei discepoli, l'hanno capita. Gesù parlava di queste cose ma fra i suoi discepoli c'era chi aveva la spada nel fodero. Non tutti quelli che ascoltarono capirono e molti di quelli che non erano del gruppo hanno capito. Forse in un consuntivo che nel futuro dovrà essere fatto – adesso è perfino difficile immaginarlo – si potrà anche dire che il Vangelo ha prosperato là dove non è stato predicato, e si è corrotto là dove è stato predicato. Forse il Vangelo della non-violenza aveva le sue sedi predisposte in un mondo lontano da quello dall'impero romano che stritolò i cristiani e poi apparentemente ne fu sconfitto. In realtà fu lui a sconfiggerli in quanto li fece uguali a sé e portò i cristiani ad accettare la guerra come mezzo efficace per il fine. Questo è il dramma della storia che si apre dinanzi a noi, appena lo guardiamo. Allora mi viene a mente, e credo non in un taglio consolatorio, questa semplice parola di Gesù: " Non tutti possono capire" e non perché ci sia una discriminazione da parte di Dio, ma perché chi ha reso il suo spirito omogeneo a questo mondo non può capire. Coloro che per professione sono quelli che capiscono non possono capire; i piccoli e i semplici che non sono del tutto integrati nella robusta sapienza istituzionale possono capire. Così fu e così è sempre. Che il regno di Dio debba insediarsi in questo mondo come un grande impero lo pensarono i cristiani corrotti dalla volontà di potenza, ma forse il cristianesimo fino alla fine dei tempi non sarà che un granello, non sarà che una manciata di lievito e forse niente altro. Non si obiettiverà mai in istituzioni date, perché una istituzione che nasce ha come sua prima preoccupazione quella di salvare se stessa e così si mette fuori del regno di Dio dove è legge morire. Il seme che non muore non dà frutto, ma le istituzioni, anche quelle ecclesiastiche, non vogliono morire e perciò non danno frutto. Ecco forse qual è il mistero che sfioriamo quando tocchiamo queste parole del Signore apparentemente antiche, lontane e innocenti. Sono esse invece che ci assediano, entrano in noi come una spada a doppio taglio e ci fanno capire che o scegliamo i mezzi omogenei al fine oppure saremo stritolati. Il regno di Dio è anche il regno del giudizio di Dio e questo giudizio di Dio ha per noi forme ben chiare. prospettive spaventose e scientificamente descrivibili. Ci siamo! Ecco perché io penso che questa sapienza evangelica non è affatto decaduta. Apparentemente è alle nostre spalle, lontana, ma, guarda caso, appartiene all'oggi; apriamo gli occhi e vediamo che è come una gemma che sboccia oggi perché oggi più che ieri noi ci dobbiamo domandare con quali mezzi potremmo realizzare il regno della pace. Gesù ce lo ha detto. Non ci affidiamo ai potenti, non ci esaltiamo degli alberi verdi perché domattina saranno secchi, non ci sconsoliamo degli alberi secchi perché forse domattina verdeggeranno. Teniamoci l'animo disposto a questo e scegliamo personalmente la forza che non stritola nessuno ma che vuole essere soltanto una potenza suscitatrice di coscienze. L'unica via per cui si trasmettono ideali senza umiliare e annientare nessuno è quella con cui una fiamma accende una fiamma, con cui il polline feconda i fiori: con la mitezza, la spontaneità dell'amore, la forza dell'evidenza e con questa grande fede. Certo ci vuole fede. Credere vuol dire esser certi che si avvererà quello che secondo la logica costituita non potrà mai avverarsi. Noi dobbiamo vivere, con questa fede nel futuro dell'uomo e nel futuro di Dio, la tribolazione del conflitto fra i mezzi e il fine che vi ho descritto agli inizi.
Ernesto Balducci- dalle Omelie Inedite