30 Giugno 2013 – 13^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C

30 Giugno 2013 – 13^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C

Noi saremmo veramente liberi se tutti gli uomini del mondo fossero liberi. Saremmo veramente giusti se nessuno al mondo soffrisse ingiustizia perché la totalità è un connotato essenziale di questi valori.

PRIMA LETTURA:  1 Re 19, 16. 19-21- SALMO: 15- SECONDA LETTURA:  Gal 5, 1.13-18 VANGELO:  Lc 9, 51-62

…La nostra libertà politica, pensiamoci bene, è tenuta su dalla sofferenza di miliardi di persone. Sono loro che ci forniscono le condizioni economiche per andare fieri della nostra libertà. Le nostre libertà, se appena le guardiamo dall'angolo dello Spirito, sono semplicemente dei ‘panni sporchi' come disse il profeta Isaia. Non ce ne accorgiamo, c'è una rimozione che ci impedisce di dire che sono panni sporchi, come nella favola era proibito dire che il re era nudo, ma la nudità c'è e la sporcizia c'è, se la guardiamo da questo punto di vista. Se per caso un uomo passa in mezzo a noi e rivela tutto questo, è già condannato. Non è necessario rifarci del tutto a Gesù Cristo che certo rappresenta la totalità di questa possibilità umana, apparsa una volta per sempre a dare la misura della nostra dignità, ma posso nominare anche uomini della nostra semplice dimensione creaturale come Francesco d'Assisi o come Gandhi e tanti altri che hanno avvertito questa potenza dello Spirito e vi si sono dedicati fino in fondo ed hanno scosso le fondamenta. Questi uomini sono pericolosi e per lo più finiscono esclusi o uccisi. Ritornando a un filo del discorso che abbia le misure della nostra me-diocrità, dobbiamo riflettere su questo conflitto interiore che spesso abbiamo. Quando in questo brano Paolo allude, con una ironia di cui ci sfuggono i particolari di cronaca, ai Galati che si divorano a vicenda, dice: "Guardatevi almeno di non distruggervi tutti". Quando penso alle schiavitù che abbiamo accettato, legittimato, che abbiamo posto sulle coscienze mi viene uno sgomento. Anche all'interno della Chiesa Cattolica quante prescrizioni che Gesù non ha chiesto! Noi però abbiamo bisogno di controllare le coscienze, abbiamo paura della libertà ed è una paura che si giustifica anche perché la misura della libertà è una misura che trascende le nostre capacità di comprensione e di doveroso controllo. E allora per tutelarci da questo soffione che scuote il sottosuolo noi lo incateniamo, lo discipliniamo. La potenza dello Spirito però è più grande e all'improvviso questa misura della libertà si riaffaccia e vi vediamo risplendere la misura che il Cristo ci ha offerto. Vorrei esortarvi a discendere in voi stessi per domandarvi se siete in regola con tutti i parametri della libertà, che sono tutti importanti, ma senza mai perdere quell'occhio critico che vi viene dalla percezione di quest'altra libertà totale. Noi saremmo veramente liberi se tutti gli uomini del mondo fossero liberi. Saremmo veramente giusti se nessuno al mondo soffrisse ingiustizia perché la totalità è un connotato essenziale di questi valori. Già al livello sociale ed etico noi dovremmo esser sempre molto critici, impedire la menzogna che invece domina la piazza, dovremmo sentire la provocazione che ci viene da ogni angolo del mondo e che butta a terra i nostri monumenti e irride le nostre celebrazioni dei grandi ideali di cui sono piene le nostre piazze. Sentiamo che dagli angoli del mondo viene l'irrisione. Noi dobbiamo sentire questa condizione di umiltà come un fatto civicamente – non parlo ora del Vangelo – essenziale. Ma come facciamo a far questo se ci accorgiamo che tutti i maestri, rimasti prigionieri dentro il perimetro storico, dopo una generazione si rivelano per quello che sono? Oppressivi! Delinquenti! Come facciamo a liberarci da questa percezione che, come una frode inevitabile, ci circoscrive per cui non sappiamo nemmeno se il maestro che esaltiamo oggi, i nostri figli non dovranno disprezzarlo e dimenticarlo? Come facciamo? Dobbiamo educarci a guardare le cose con questo sguardo che è lo sguardo della totalità. L'amore del prossimo, assunto nella dimensione universale come oggi siamo costretti a fare per condizioni stesse di vita, è un amore che genera libertà perché mira a realizzare per tutti gli esseri del mondo una condizione di dignità, di fedeltà a sé, di godimento della natura senza di che tutte le libertà sono "favole raccontate da un idiota" per ripetere le parole di Shakespeare. Sentivo il bisogno di dire un po' alla rinfusa queste cose. Nel chiudere vorrei sottolineare la potente, affascinate figura de quest'uomo, fratello nostro, Gesù di Nazareth che passò in mezzo agli uomini scomponendoli, suscitando il desiderio di seguirlo fino in fondo. Arrivato solo alla meta – la croce è il suo punto d'approdo giusto, fisiologico – disse: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno". La parola attraversa i secoli e arriva anche qui e noi dobbiamo, con umiltà e sapienza interiore, giudicarci e non scoraggiarci per rimettere a fuoco ogni giorno il nostro proposito di vivere secondo la libertà, impedendo che qualcuno ci metta sul collo nuovi gioghi di schiavitù.

 

Ernesto Balducci – da: Omelie sparse – 1989

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