7 Giugno 2020 – SANTISSIMA TRINITÀ – Anno A
7 Giugno 2020 – SANTISSIMA TRINITÀ – Anno A
Quando devo insegnare chi è Dio non devo parlare di Dio, devo parlare della pace, che dobbiamo avere tra di noi, devo incutere nell'altro il rispetto del diverso, il senso di riverenza di fronte all'alterità che può essere quella della famiglia, del padre, della madre, del fratello e può essere quella di ogni altro uomo. È da questo primo passo che tutto dipende.
PRIMA LETTURA: Es 34, 4b-6. 8-9- SALMO: Dn 3,52.56- SECONDA LETTURA: 2 Cor 13, 11-13- VANGELO: Gv 3, 16-18
…La scoperta dell'altro, dell'alterità, è una scoperta che rimette a fuoco gli strumenti conoscitivi e pratici del nostro essere cristiani, che è una certa qualità dell'essere in rapporto con gli altri. Abbiamo avuto modo di sfiorare questo argomento quando abbiamo fatto riferimento alla sfida che la società d'oggi deve affrontare: la sfida degli altri che non ci rassomigliano e che ci mettono in crisi dato che ci mettono al bivio tra un'esclusione, più o meno orpellata, o un’integrazione, più o meno abusiva, e ci lasciano come unica via d’uscita all'altezza delle esigenze etiche, quella della convivenza con l'alterità con la diversità. Questo, è vero, dobbiamo riscoprirlo a tutti i livelli. Il momento decisivo della nostra costruzione interiore, anche di ordine morale, è quello in cui dinanzi all'altro – e non importa chi – noi dobbiamo riconoscere, rispettare il volto dell’altro fino a dimenticare il nostro. Il momento vero della morale è in questo riconoscimento dell'altro come una diversità intangibile, dotata, nei miei confronti, di diritti dinanzi ai quali i miei non contano più perché io sono al servizio dei diritti degli altri. È questo, espresso in termini antropologici nuovi, il vecchio concetto dell'amore al di fuori delle mistificazioni in cui l'amore spesso e vissuto. L'amore è vorace, in nome dell'amore divoriamo gli altri. L'amore spesso mira alla confusione, mira ad annullare l'alterità. È la menzogna, segreta o meno, che non passa attraverso questo filtro di dura sostanza morale che è il rispetto dell'alterità come intangibile. Siamo in questo rapporto che, come abbiamo detto tante volte, assume il valore di una cifra estensibile a tutto il pianeta. Negli anni futuri dovremo confrontarci con diversità enigmatiche di fronte alle quali le diversità che ci si propongono nel vivere quotidiano sono ovvietà, banalità. Io penso in questo momento, anche a livello spirituale, a quando dovremo confrontarci con altre esperienze di Dio totalmente diverse dalla nostra e saremo tentati di metterle al bivio: o diventano come le nostre o le condanniamo, perché questo è stato il metodo del passato, anche da parte della chiesa. Noi dovremo accettare la diversità che è il luogo umano per conoscere il mistero di Dio. La proiezione potente di luce che ci viene dal mistero della Trinità è che Dio è uno ma non è solo. È una grande verità. Più ci riflettiamo e più è straordinaria, perché sappiamo cosa avviene nell'umana ricerca di Dio. Nel bisogno impellente di superare la finitezza e la molteplicità che costituiscono la nostra prigionia terrena noi immaginiamo un Dio che è una infinità unica, oceano in cui le nostre gocce si sciolgono e scompaiono. Questo monoteismo divorante è anche una perdita umana. Sotto le forme del misticismo c'è una forma di radicale nichilismo. Senza volerci disperdere in ricerche filosofiche, sappiamo che questa è la tentazione. Il Dio della fede cristiana è uno ma non è solo perché all'interno della sua unità c'è la sussistenza delle persone, cioè c'è l'alterità. Non solo Dio è altro dinanzi a me, ma al suo interno esiste questa circolarità – e ogni parola, lo sento, è come paglia di fronte alla fiamma – in cui le persone sono in quanto altre, e tuttavia in questa alterità esse si unificano nel dono reciproco perché l'alterità supera se stessa nel dono di sé. Questo mistero è il mistero dell'uomo, è il mistero con cui ci dobbiamo confrontare tutti i giorni. La pace, al di là di tutte le accezioni idealistiche, evanescenti e sentimentali di questa parola, è questa convivenza dell'unione nell'alterità per cui nel mistero della Trinità c'è come la condensazione di questa profonda esigenza dell'uomo. Per arrivare ad una comprensione possibile del mistero del Dio Padre, Figlio e Spirito Santo dobbiamo partire da questa nostra esperienza. Quando devo insegnare chi è Dio non devo parlare di Dio, devo parlare della pace, che dobbiamo avere tra di noi, devo incutere nell'altro il rispetto del diverso, il senso di riverenza di fronte all'alterità che può essere quella della famiglia, del padre, della madre, del fratello e può essere quella di ogni altro uomo. È da questo primo passo che tutto dipende. Se nel rapporto con gli altri io entro col piglio della prepotenza, anche se divento un uomo di chiesa, sarò un prepotente, porterò con me questo peccato. È per questo che spesso siamo presi dallo stupore nel vedere persone che non sono arrivate nemmeno a porsi il problema del Dio uno e trino e che tuttavia hanno questa profonda religiosità di ordine morale perché hanno il rispetto dell'altro, mentre persone che pure si riferiscono al nome di Cristo ci incutono un bisogno di difenderci da loro perché sentiamo che sotto quei nomi e quei termini si nasconde l'esigenza del dominio, la sostanziale negazione dell'alterità, la volontà di integrare tutto nel proprio modo di vedere. Sono queste le consolazioni lungo le quali è possibile gettar luce, con reciprocità costante, sul mistero dell'uomo e sul mistero di Dio di cui abbiamo parlato È inutile che sottolinei come la grandezza della parola evangelica è che i due misteri sono un solo mistero. Mi viene a mente, per chiudere, quale mistero d'amore c'è nel fatto che mentre il Dio dell'Antico Testamento incontra Mosè su un monte fra fulmini e tuoni, il Dio che si è fatto vicino a noi parla con Nicodemo in un colloquio notturno, del tutto affabile, come possiamo avere noi con degli amici. Questo Dio che è sceso nelle strutture dell'amicizia, nella circolazione dei rapporti amicali, è il Dio dell'incarnazione, è un Dio che è diventato un Dio con noi, un Dio come noi.
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 1