5 Ottobre 2014 – 27^ DOMENICA TEMPO ODINARIO- Anno A
5 Ottobre 2014 – 27^ DOMENICA TEMPO ODINARIO- Anno A
Viviamo il momento della condanna: fra di noi c’è spargimento di sangue, ci sono grida di oppressi. È il giudizio di Dio che scende su di noi e rompe l'incantesimo di ieri.
LETPRIMA LETTURA: Is 5,1-7- SALMO: 79- SECONDA TURA: Fil 4,6-9- VANGELO: Mt 21,33-43
Noi, dico noi cristiani d'occidente, anzi cristiani dell'Italia, abbiamo tutti i titoli per considerarci eredi del ruolo storico che ebbe il popolo di Israele ai tempi di Gesù. Abbiamo ereditato la fede dai nostri padri, abbiamo accumulato molte glorie, nella nostra storia, abbiamo goduto, nel passato recente, del sentimento di ave:e un primato nel mondo, di essere in qualche modo il popolo eletto nell'umanità, abbiamo cercato di portare il nostro Dio in ogni angolo della terra ed ecco che, in questi ultimi tempi, siamo colpiti dalla scoperto o dal sospetto – dipende dalla vivacità della percezione di coscienza – che, in verità, noi siamo proprio come i vignaioli della parabola. La nostra vigna, se vogliamo usare l’arcaica immagine, è davvero come quella descritta da Isaia: ormai i muri di cinta non ci sono più, ormai siamo assediati dagli esclusi che ci minacciano e ci tolgono. le condizioni materiali e anche quelle morali del privilegio. Viviamo il momento della condanna: fra di noi c’è spargimento di sangue, ci sono grida di oppressi. È il giudizio di Dio che scende su di noi e rompe l'incantesimo di ieri. Ci sono molti tanto scoraggiati che non trovano più plausibile continuare nelle tradizioni dei padri. Essi hanno molti argomenti a loro favore, perché la testimonianza che viene dal passato criticamente riletto è una controprova della validità del messaggio cristiano. Le parole del Vangelo più sono lette e più valgono come criterio di giudizio sul cristianesimo storico. Molti denunciano, in chiare parole, senza timore, la responsabilità del passato e del presente e guardano con occhi pieni di fraterna simpatia a quei popoli che probabilmente Dio sceglierà per sostituirci nella grande impresa della creazione del suo Regno. Altri vivono in un sospetto ambiguo, che suggerisce ora tentativi di restaurazione, di recupero delle certezze tranquille e superbe di ieri; ora si aprono con timidezza alle nuove forme di coerenza col Vangelo. Siamo però una cristianità provvidenzialmente, anche se dolorosamente, lacerata. Guai se non lo fossimo; l'alternativa sarebbe probabilmente quella della sicurezza di ieri, quando si guardava il mondo dal vertice di una piramide e si scorreva con gli occhi la piramide dall' alto in basso, con paternalistica carità e con la speranza che tutti accettassero il primato del Papa, re dei re e dominatore dei dominatori, come diceva una liturgia pontificale smessa appena venti anni fa. Ora siamo nella tribolazione. Chi cerca di salvarsene con altri strumenti che non siano la riflessione sulla parola di Dio non può che andare verso i tristi esiti della superbia resa violenta per la sua astoricità, o verso lo smarrimento nella desolazione spirituale. La salvezza unica è nel riconfrontarsi con pazienza con la Parola di Dio per trarne le indicazioni necessarie. L'effetto di questo recupero del Vangelo è il ripensamento critico sulla storia che abbiamo vissuto e con la quale ci sentiamo solidali, nel bene e nel male; nel male che è ormai carne nostra e sarà una fatica liberarcene del tutto, e nel bene, in quanto questo risveglio, lo sappiamo, non è una invenzione di oggi, ne scopriamo i presentimenti, le prefigurazioni in tutto il corso della storia della nostra fede. Non dimentichiamoci che questa storia ha lo stesso valore che ha la memoria che la ricostruisce. Fino ad oggi la memoria è stata strumento di orgoglio e di sicurezza. Per questo noi non ricordiamo quasi mai coloro che nel passato sono stati davvero i promotori del Regno di Dio ed esaltiamo, come eroi della nostra epopea, coloro che invece furono complici di quel peccato che oggi siamo chiamati a scontare…
Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol. 1