5 LUGLIO 2020 – 14^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
5 LUGLIO 2020 – 14^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Fra il Vangelo e le teologie c'è non di rado il passaggio che c'è tra l'annuncio di liberazione e i vincoli mentali che sono in-trecciati in modo tale che l'intelligenza stia al posto suo, accetti cioè l'esistente. La forza liberante del Vangelo è quella che colpisce alla radice questo imprigionamento dello spirito, che poi è imprigionamento anche di disciplina.
PRIMA LETTURA: Zc 9, 9-10- SALMO: 144- SECONDA LETTURA: Rm 8, 9. 11-13- VANGELO Mt 11, 25-30
La conoscenza storica è una forma di sapere che legittima il comportamento attuale. Chi non è viziato da questa memoria calcificata è libero, si muove come un bambino dinanzi agli eventi, è capace di immaginare l'assurdo. A volte l'unica scappatoia è l'assurdo. No, noi persone intelligenti, uomini di parlamento – se del governo, ancora peggio! – non possiamo uscire dall'intelligenza, nostro vanto e nostro limite. Noi prepariamo la morte con mani sapienti e giustificanti. Non riusciamo ad uscire da questa morsa della necessità. «Guai a voi»: questa è la minaccia evangelica che sale anche dal profondo delle coscienze. Lo sposalizio fra Vangelo e coscienza è 1'evento misterioso e mirabile che avviene continuamente. La voce della coscienza è la voce del vangelo e la voce del vangelo è la voce della coscienza. Gesù presenta 1'alternativa: «a voi è dato conoscere». Che cosa? Intanto, per poter entrare in questo spirito, in questa fiducia creativa che è un sì alla creazione, che è un sì alla vita, occorre aver disfatto i lacci, la maglia che ci imprigiona dentro la sapienza costituita. Ci sono dei nodi quasi impercettibili che ci collegano a quella sapienza. Occorre spezzarli. Il Vangelo è una forza di liberazione, capace di spezzare i vincoli che mani intelligenti hanno allacciato attorno alla nostra coscienza. Quei vincoli ci impongono limiti mentali, che ci obbligano a distinguere nettamente quel che è possibile e quel che è impossibile. E qui che si rivela lo spirito del mondo. Uno è veramente sapiente quando ha queste distinzioni chiare e sa che cosa si deve fare, cosa non si deve fare, cosa è lecito, cosa non è lecito, insomma quando accetta l'ordine esistente e dice: «quel che è reale è razionale». Questo è un uomo colto. Ma i bambini, i piccoli non ci stanno. Essi rifiutano in pieno questo statuto dell'intelligenza che è – lo ripeto – conseguente ad alcuni dogmi rigidi che stanno alla base del nostro sapere. Il Vangelo ci libera da questo. Dico il Vangelo, non dico la dottrina cattolica. Fra il Vangelo e le teologie c'è non di rado il passaggio che c'è tra l'annuncio di liberazione e i vincoli mentali che sono in-trecciati in modo tale che l'intelligenza stia al posto suo, accetti cioè l'esistente. La forza liberante del Vangelo è quella che colpisce alla radice questo imprigionamento dello spirito, che poi è imprigionamento anche di disciplina. Dice il Signore: «il mio giogo, cioè il mio insegnamento, non è gravoso. Voi siete oppressi da osservanze gravose, io vi libererò da questo peso». La parola di Gesù non traccia vincoli alla libertà umana, è una parola che rivela la verità che fa liberi e la verità non è una verità drammatica, fissa, soggettiva, è questa verità del rapporto tra Dio e l'uomo e tra l'uomo e l'uomo. È una verità che è un orientamento autentico dell'uomo nell'universo. Autentico perché rifiuta la violenza: «il mio insegnamento – dice il Signore – non è oppressivo», non si serve di strumenti oppressivi non intimidisce, non impaurisce. Perciò è liberante; perciò è un insegnamento di pace, che è anzi in se stesso pacifico perché non solo annuncia pace ma crea pace! Ogni parola che io impongo minacciando è parola di guerra. La guerra e la pace la impariamo già quando ascoltiamo dalle labbra della madre, dalle labbra del maestro ciò che dobbiamo fare. Queste cose sono rimaste nascoste. Però ormai lo vediamo – e qui possiamo far nostro il distacco biblico dell'ironia divina sulla storia – che i sapienti sono stati presi nel laccio che hanno teso, dato che essi non sono più in grado – e sono stati in grado di farlo fino ad oggi – di disciplinare la violenza. Essa li minaccia tutti. Proprio per questo sono caduti nella fossa che avevano scavato. E una specie di nemesi immanente, ma per chi guarda le cose nella prospettiva del rapporto con Dio, è un giudizio di Dio che si sta realizzando nella stona. Che cosa dobbiamo dirci a questo punto? A questo punto dobbiamo anche noi, riconfrontandoci con la parola del Signore, esprimere a Gesù questo grazie perché le cose che ha nascosto ai sapienti le ha rivelate ai fanciulli e ci ha permesso di capire, noi che siamo del gruppo degli intelligenti, dei sapienti, che c'è un privilegio dei fanciulli e noi vogliamo parteciparvi, che il nostro dovere è quello di ritrovare questa infanzia. La chiameremo così anche se la parola non è autenticamente evangelica. Il piccolo è l'inerme, è il disarmato. Come il bambino, certo. Ma anche l'uomo adulto è disarmato, l'uomo che non ha altro che la propria fragilità, il proprio destino da giocare e non ha altro: non ha protezioni, non ha strumenti di denaro … è solo se stesso, creatura precaria esposta al destino di vita e di morte. Ritrovare questa originaria purezza interiore è importante anche per le grandi questioni del nostro tempo come la questione di cui parlavo prima. Certo Dio non si vede nelle stelle, nelle galassie, né negli eventi della storia dove l'arbitrio continua a dominare come nei tempi antichi. Dio si è rifugiato in questo infinitesimo spazio in cui può scoccare il sì o il no, la creazione o l'anticreazione, il tutto o il nulla. Questo è lo spazio infinitesimo in cui noi siamo ormai addossati ed è qui che egli ci si fa presente senza superstizioni, senza metafisiche. Se uno dice che Dio c'è, ma accetta l'intelligenza distruttiva, è un bestemmiatore, non è vero, non ci crede. Credere non è enunciare un principio astratto e diverso dalla sostanza della nostra scelta concreta. Il nostro pronunciamento mentale è interno alla scelta. Chi crede in Dio, ma sceglie la logica di guerra è un bestemmiatore, e chi è ateo, ma sceglie la pace è uno che prega perché quel che decide è in quell'infinitesimo punto dove c'è il fulcro dell'universo, dove l'alternativa tutto o nulla si gioca di continuo. E lì che noi riveliamo noi stessi e ci apriamo a Dio ed è lì l'unico volto di Dio possibile e predicabile oggi.
Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol. 1