29 Dicembre 2013 – FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA – Anno A

29 Dicembre 2013 – FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA – Anno A

29 Dicembre 2013 – FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA – Anno A

 

La pace si ha solo quando la nostra coscienza può ripetere con sincerità di attendere alle cose del Padre – Egli lo dice in faccia alla madre anche se essa si chiama Maria Santissima! – perché attendere alle cose del Padre è il primo dovere.

 

PRIMA LETTURA: Sir 3, 2-6. 12-14 – SALMO: 127- SECONDA LETTURA: Col 3, 12-21 -VANGELO: Mt 2, 13-15. 19-23

 

…Le famiglie non sono delle ‘monadi’ chiuse con significato autonomo dentro la società; so-no attraversate, travolte da spinte che non sono quelle della premura universale dell’umanità ma sono quelle della speculazione, del mercato, del consumo, dell’edonismo che è una fun-zione del consumo. Di qui gli spettacoli quotidiani di disgregazione che non sono affatto se-gni di una libertà crescente. La libertà che sta prima della coesione e che la contesta è una li-bertà negativa e distruttiva. Dall’altra parte però ci sono famiglie, e ci sono istituzioni, in cui il senso di sé, la premura di sé taglia il nerbo dello spirito che tende a ciò che è universale, all’amore per tutti gli uomini, a non proclamarlo a parole, vissuto nelle scelte concrete. Gesù è venuto a portare questa guerra. Ha portato la pace e porta la guerra. La pace si ha solo quando la nostra coscienza può ripetere con sincerità di attendere alle cose del Padre – Egli lo dice in faccia alla madre anche se essa si chiama Maria Santissima! – perché attendere alle cose del Padre è il primo dovere. Non c’è obbedienza superiore a questa. L’obbedienza che si sigilla di derivazioni sacre per diventare immune da deroghe è una obbedienza demoniaca perché solo chi ha in sé la riserva che dandosi l’occasione obbedirà piuttosto al Padre che alla famiglia, alla moglie, al marito, ai genitori è nella salute dello Spirito, secondo Cristo. C’è una obiezio-ne di coscienza in agguato permanente. Può darsi che non scatti mai l’ora, ma potrebbe scatta-re e allora dobbiamo obbedienza a Dio piuttosto che agli uomini, quali che siano questi uomi-ni, perché questo rapporto con il Padre – e questa è la verità che Gesù ha portato – è un rap-porto diretto. Lo so che anche in questo si nasconde il rischio. Quante volte copriamo con il nome di Dio i nostri capricci, il nostro egocentrismo sacro. È spaventoso questo. Ecco perché sono parole che vanno davvero – mi piace questa immagine del Vangelo – “custodite nel cuo-re”. Vanno macerate. Come il buon vino e l’olio si preparano nella maturazione del tempo, così anche questa potenziale obbedienza a Dio, che è disobbedienza, va maturata dentro con serietà. Però noi dobbiamo educare a questo sentimento del primato dell’obbedienza alla vo-lontà del Padre. Oggi, noi che vediamo la inadeguatezza delle vecchie istituzioni, dobbiamo avere molto scrupolo, da una parte, nel non dare spallate indebite alle istituzioni fragili perché potremmo aiutare la forza distruttiva, regressiva che ho detto prima e che mi sembra in aggua-to permanente. Quindi la nostra difesa della legge, delle istituzioni è una difesa santa. Tuttavia dobbiamo custodire dentro di noi questa ampiezza d’orizzonte perché è venuto il tempo in cui le creature del Padre ci chiedono aiuto, le tribù della terra tendono le mani verso di noi. Chiusi nella nostra angustia, noi italiani discutiamo se siamo al quinto o al sesto posto fra i ricchi mentre le tribù della terra tendono le mani. Io sono per le creature del Padre. È una posizione di distacco critica, ma il distacco è necessario, altrimenti il nostro trionfo non è altro che una coesione che si spinge sempre più verso il centro oscuro e si trasforma in una distruzione. I segni, come sappiamo, sono molti. Questa attesa della creazione del Padre se è delusa si tra-sforma in una terribile forza distruzionale. Quando per secoli e secoli il diritto rimane calpe-stato se appena trova l’occasione di affermarsi con la violenza lo fa. Ci sono segni che questa violenza sta per esplodere. Capisco che ho divagato fra la famiglia e l’umanità intera ma d’altra parte è questo il vero modi di connettere le cose perché nessun particolare ha senso pieno e concreto se non collocato nella totalità di cui prima ho parlato. Ogni famiglia che viva una pulsazione spirituale all’altezza del tempo non può non coltivare anche nei figli questa premura per tutte le creature. È finito il tempo in cui i genitori – se pur lo facevano – educa-vano i figli ad amare la Patria, a morir per la Patria perché la Patria è il mondo, la Patria è la casa del Padre, la casa comune di tutte le creature e chi è cristiano secondo il Cristo ha questa premura sopra tutte le altre. Ho già detto, ma la cautela non è mai abbastanza al riguardo, che questo non vale come pretesto eversivo, vale come richiamo costante delle istituzioni, a co-minciare da quella che è più santa, quella che ci dà vita in tutti i sensi, che è la famiglia, fino alle grandi istituzioni che la società internazionale è riuscita a darsi. Salvare queste coesioni è solo il presupposto per andare oltre. per arrivare finalmente a creare sulla terra una famiglia sola in cui lo sguardo del Padre si posa con compiacenza su tutte le creature e dice, secondo il bel racconto simbolico del Genesi: «le cose erano molto buone». Oggi non lo può dire. È noi dobbiamo aver premura perché colui che diciamo Padre possa guardare l’umanità con questo compiacimento interiore. Chi vive in questa sintonia con il cuore del Padre è secondo Cristo. È questo lo spirito che dovremmo coltivare sempre (perché le ragioni di questo spirito cristia-no sono perenni) , ma con particolare attenzione ai fatti di questi ultimi tempi perché grandi occasioni ci sono offerte per manifestare questa apertura. Quando voi incontrate persone che sono di altra religione non dimenticatevi mai che sono creature del Padre. Non importa qual è il loro atteggiamento verso di noi: sono creature del Padre. La religione del Padre abbraccia tutti. Le altre distinzioni sono dovute alla necessità storica ma in ultima istanza c’è una sola religione: la religione del Padre. Che poi uno si rivolga al Padre con gesti, simboli diversi, questo forse è nella necessità che l’infinito si manifesti nel finito attraverso il molteplice. L’infinito quando entra nella finitezza non può che moltiplicarsi. Ma la pulsazione intima dell’umanità deve essere una sola. Un cristiano che ascolta al di là degli schemi, dei dogmi, il cuore di Dio sa che Egli è il Figlio dell’Uomo che ha avuto a cuore tutte le creature umane. È così che noi dobbiamo vivere la nostra fedeltà alla parola del Signore.

 

Ernesto Balducci – da: “Il tempo di Dio” –

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