28 GIUGNIO – 2015 – 13^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno B
28 GIUGNIO – 2015 – 13^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno B
La morte che viene per ritmo biologico è terribile, ma essa sta diventando sempre più statisticamente irrilevante nei confronti della morte prodotta e prodotta con assoluta incoscienza, tranquillamente anche dai paesi democratici.
PRIMA LETTURA: sap 1,13-15; 2,23-24- SALMO: 29- SECONDA LETTURA: 2 Cor 8,7.9.13-15 – VANGELO: Mc 5, 21-43
Da sempre, credo, l'idea che esista un Dio onnipotente ha urtato con un dato di esperienza. Che Dio sia onnipotente, che abbia tutto nelle mani e che tuttavia consenta la morte, e non solo là dove, per nostra stoltezza, crediamo che la morte sia una giusta punizione, ma là dove essa colpisce l'innocente, ecco una contraddizione che ci è difficile accettare. Vuol dire allora che dietro quella onnipotenza c'è una specie di ferrea necessità, di fato oscuro; non c'è un palpito che risponda al pianto, al grido dell’uomo. La morte è come la proclamazione che nei cieli abita la durezza e l'ingiustizia. Questo è il primo scandalo. Un secondo scandalo lo portiamo con noi, di sicuro, nel cuore. A tutti è capitato di vivere momenti in cui si aveva bisogno di un miracolo, si aveva bisogno di un segno di amore da parte dell'onnipotente e quel segno non è vento. Non è un conforto sapere che in altri casi, però, è venuto; per noi non è venuto e questa delusione, non detta forse perché abbiamo censure solide che ci impediscono di dire ad alta voce quello che pensiamo nel pensiero nascosto, ha fatto lago in noi, si è depositata Abbiamo sfiducia in un Dio che non risponde alla preghiera quando essa ha tutti i crismi per essere ascoltata. Non sarei però del tutto veritiero se non aggiungessi un terzo scandalo. È quello che mi dà l'insincerità di fondo dell'uomo che protesta contro la morte, che anzi a volte usa argomenti come quelli che ho usato per dire che nessun Dio ci assiste in quanto si muore, e poi questo stesso uomo è tranquillamente complice della morte altrui. È un sostenitore di quella «grande macchina per produrre morte» che è la società umana, o l'insieme delle società umane. La morte che viene per ritmo biologico è terribile, ma essa sta diventando sempre più statisticamente irrilevante nei confronti della morte prodotta e prodotta con assoluta incoscienza, tranquillamente anche dai paesi democratici.[…] Dio non vuole la morte. Egli è amore. Dobbiamo rispondere accettando questa legge, entrando in quella distribuzione dei ritmi del tempo che è nelle sue mani. Allora possiamo vivere con la speranza nel cuore, con una speranza che ci arricchisce di dignità in modo tale che se, per ipotesi, non ci fosse vita e Dio esistesse, il torto sia suo. Quando vediamo morire un bambino sentiamo che il torto è di Dio, che l'innocente che declina nella morte lancia un grido. Così deve avvenire. Il problema serio, dunque, dobbiamo ricondurlo nello spazio che si apre dinanzi alle nostre possibilità di scelta. Il tempo attuale è fatto apposta per queste riflessioni. Dobbiamo ripensare profondamente tutto nella nostra vita: nella famiglia, nei rapporti di lavoro, nei rapporti internazionali. Lo scoraggiamento nasce se ci lasciamo vincere da quella che è la specialità del potere mortale e omicida che domina la legge della quantità. Quanti siamo a pensare così? un gruppo irrisorio! Che forse non è nella legge dell'amore non fidarsi della quantità? anzi temere della quantità? Non è forse nella legge dell'amore il fidarsi del piccolo, del semplice, dell'immediato? Non è perché la persona che amate vi regala una gran somma che voi credete che vi ama. Potrebbe essere sufficiente un fiore, se regalato in un giusto modo. Nella legge dell'amore non è importante la quantità. Noi siamo convinti che i tempi sono maturi perché ci sia questa conversione degli spiriti nel profondo. Ecco perché la tradizionale discussione sulla vita eterna, deve oggi confrontarsi con un capitolo preliminare, quello che ho cercato di tracciarvi. Se si salta questo capitolo il resto è un intrigo di sofismi. Sono convinto che, per poter dire la parola «Dio» in modo puro, occorre essere entrati nella gravitazione dell'amore. Anche Hitler lo nominava! È una parola di cui non mi fido più: occorre sapere con che labbra e, al fondo, con che cuore la pronuncio. Solo allora essa può avere senso. È questo il dilemma che ci viene posto dalla serietà dei tempi.
Ernesto Balducci – “I1 Vangelo della pace” anno B – volume 2