27 Settembre 2020 – 26^ DOMENICA TEMPO ODINARIO- Anno A
27 Settembre 2020 – 26^ DOMENICA TEMPO ODINARIO- Anno A
Anche nel nostro immaginare Gesù facciamo di tutto perché sia un Dio, perché una volta che è Dio non disturba più. Ha voluto fare di tutto per essere uomo, glielo vogliamo impedire perché se così fosse diventerebbe una norma esemplare per noi, il che ci scomoda.
PRIMA LETTURA: Ez 18, 25-28 SALMO: 23- SECONDA LETTURA: Fil 2, 1-11- VANGELO: Mt 21, 28-32
…Io non considero un tesoro, da custodire con gelosia, la mia cultura, il mio essere di razza bianca, il mio essere in un paese civile, il mio essere cattolico. Io metto da parte tutto questo. Cosa mi resta? Mi resta quello che accomuna a me il povero accattone, il povero immigrato che non ha modo di parlarmi e che ha bisogno di tutto, che si sente braccato, il criminale messo in carcere secondo le leggi della cultura che io condivido. Io scendo alla radice. È un processo che ha tanti significati, anche al livello culturale serio e così dovremo fare da ora in poi. Non imporre la nostra civiltà di parole a chi arriva da noi, ma rimettere in questione questo tesoro, da non custodire con gelosia, per ascoltare la parola dell'altro. Che cosa hanno da raccontarci questi che arrivano? Poveretti, abituati per soggezione ad ascoltare solo noi? Se li mettessimo in cattedra? Se li portassi qui e ci raccontassero loro quello che sono, quello che hanno visto, quello che pensano di noi? Sarebbe una cosa straordinaria e capiremmo che abbiamo detto di sì e fatto di no, abbiamo detto: «gli uomini sono tutti fratelli» e abbiamo fatto l'opposto. Lo capiremmo! Ora è difficile capirlo, lo vediamo. I mass media, la stampa grondano di soddisfazione impaurita. Non c'è salvezza se non scendiamo al livello zero perché l'uomo non è solo cultura, nell'uomo c'è – ed ecco l'altra osservazione importante -l'aspirazione, per lo più inconscia, – toccherebbe a noi renderla cosciente – ad essere nel mondo tutta una famiglia, effettivamente tutti fratelli. Le culture glorificano questa aspirazione e poi la reprimono. Ogni popolo afferma questa universalità, però si pone come modello. Il sottinteso è: sarete tutti uomini se sarete come noi. È la presunzione tribale in cui siamo tutti soffocati, non solo gli antichi Giudei che crocifissero Gesù. Gesù è sempre fuori da queste identità. Ecco perché metteva a soqquadro tutto e usava questi paradossi, come quello che i peccatori saranno al primo posto. Dire questo è cosa terribile, offensiva e Gesù offende la cultura. Ecco perché noi ne facciamo qualcosa di diverso: un bel predicatore, un profeta straordinario. Lo si è sistemato nel nostro pantheon. Chi non rispetta Gesù? Tutti! Anche i crocifissi sono nelle scuole, nei tribunali dove si fa tutto l'opposto. Se veramente Gesù parlasse butterebbe all'aria i crocifissi delle aule e delle scuole perché la prassi è opposta. Noi però siamo capacissimi di assumere tutte le parole che disturbano, togliere la punta acuminata che hanno, e sistemarle nel nostro mosaico. Questo ha fatto il cristianesimo storico. Questa parola turba. Noi siamo, ci piaccia o non ci piaccia, – per lo più non ci piace – costretti a confrontarci con gli altri. Dobbiamo decidere al riguardo. Non dico, adesso, per quali altre vie si deve fare, parlo al livello umano: esser capaci di metterci in situazioni di ascolto sentirci raccontare le cose che gli altri hanno vissuto. 'Ecco perché Gesù stava a sedere nei luoghi pubblici con gli esclusi. Chissà cosa si raccontavano! Cose molto più interessanti di quelle che poteva ascoltare dagli Scribi, dagli anziani del popolo e dai principi dei sacerdoti. Gesù le sapeva tutte perché in effetti è così. È come quando aprite la televisione e sentite un ministro che parla. Voi sapete già, tutto prima, non è che possa dirvi qualcosa di nuovo. E impossibile. Tutto è omologato, occorrerebbe chiamare qualcuno dal di fuori e metterlo a quel posto. Salterebbero i televisori! Noi dobbiamo reagire a questo sistema di graduale manipolazione della nostra coscienza. Gesù è l'uomo che ha rifiutato il tesoro. Anche nel nostro immaginare Gesù facciamo di tutto perché sia un Dio, perché una volta che è Dio non disturba più. Ha voluto fare di tutto per essere uomo, glielo vogliamo impedire perché se così fosse diventerebbe una norma esemplare per noi, il che ci scomoda. Non potremo non tornare su questo tema perché è il punto in cui una teologia rimasta appannaggio dei teologi, all'improvviso, questa verità straordinaria rimasta chiusa nell'universo di parole di cui siamo maestri, rompe l'involucro e precipita al livello della nostra prassi, cioè esige che noi facciamo quello che abbiamo detto per secoli. Mentre parlo è chiaro che la mia mente vaga sulla carta geografica ma respinge ogni riferimento. Io sento che a questo dobbiamo arrivare: penetrare nei sottosuoli delle culture dove l'uomo aspira alle stesse cose. Sono aspirazioni che noi abbiamo soffocato, distorto, represso, scomunicato. Scendere lì, non facendo un tesoro geloso di ciò che noi abbiamo ma liberandocene, facendoci servi, scendendo all'ultimo posto per ritrovare un'universalità umana, le parole adatte per parlare a coloro che hanno sentito il peso insopportabile della nostra civiltà di parole. Voi sapete che c'è la civiltà delle parole e dietro c'è l'egoismo, la rapina, il profitto. Parole universali per coprire interessi particolari. Questa è la grande menzogna. Dietro le parole libertà, fraternità, uguaglianza si sono fatti commerci, rapine internazionali, genocidi. Anche dietro le parole cristiane. E tempo che ci convertiamo. Se c'è un senso in questa fine del millennio è proprio questo giudizio di Dio perché i popoli emergono e vogliono parlare. È una cosa non prevista da noi. La cosa drammatica per noi è che Gesù è da quella parte. Avevamo creduto che fosse nei nostri templi, in queste belle chiese: non c'è più. Viene con altre facce, con altri colori di volto. Viene da coloro che non hanno vissuto la terribile civiltà dell'ipocrisia che è fatta di parole e non di cose. Gesù sta venendo e noi dobbiamo renderci degni di accoglierlo acquistando una cattiva coscienza, liberandoci dalla tranquilla coscienza. E già l'inizio ma è molto perché quando uno entra in quel versante non si sa dove finisce. Dobbiamo entrare in quel versante e le occasioni per sviluppare la conversione si moltiplicheranno giorno dopo giorno.
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol. 1