27 Aprile 2014 – 2^ DOMENICA DI PASQUA – Anno A
27 Aprile 2014 – 2^ DOMENICA DI PASQUA – Anno A
Aver fede vuol dire credere anche a queste cose, credere che in un mondo di guerra può esser pace perché solo allora io mostro che la mia fede nell’impossibile – la resurrezione è impossibile secondo l’uomo – diventa norma di vita.
PRIMA LETTURA: At 2,42-47- SALMO:117- SECONDA LETTURA: 1 Pt 1, 3-9- VANGELO: Gv 20, 19-31
…Possedere una coscienza attraverso il dominio, la meraviglia, il fascino non è vera conquista cristiana perché solo quando in una persona nasce la stima, l’apprezzamento, l’ammirazione per i valori che si vivono la fede nasce da sorgenti pure. Se invece nasce dal fatto che io porto con una mano il Vangelo e con l’altra il quattrino, con una mano il Vangelo e con l’altra una farmacia…io manipolo le coscienze, porto ad un’aggregazione che è fragile perché alle sue origini c’è stata la ricerca di un interesse e non una risposta dello Spirito. Come vedete ho dovuto, per coerenza con l’assunto di questa mia riflessione, descrivere il modulo generico nella sua purezza. Capisco che tentare di calare questa struttura architettonica nel tessuto della storia è quasi un’impresa impossibile, ma la parola impossibile è una parola che muore sulle labbra quando pensiamo alla resurrezione: niente è impossibile. Noi dobbiamo continuare, perché è possibile ! La fede, dai suoi rapporti trascendentali col suo termine vero che è il Cristo risorto, penetra dentro le dinamiche della storia. Aver fede vuol dire credere anche a queste cose, credere che in un mondo di guerra può esser pace perché solo allora io mostro che la mia fede nell’impossibile – la resurrezione è impossibile secondo l’uomo – diventa norma di vita. Io credo nell’impossibile. Credo che sia possibile creare un mondo fraterno in cui negri e bianchi stiano insieme senza nessuna ripugnanza, in cui i poveri e i ricchi finalmente si spartiranno le ricchezze che adesso sono ingiustamente distribuite. Credo che questo mondo sia possibile e questa forza interiore è la forza della fede che guadagna la stima del popolo, cioè della gente che in questo mondo vive nell’insicurezza, nell’incertezza, nell’insufficienza dei mezzi. Non mi potete negare che questa è, con ogni verosimiglianza, la struttura normativa dell’esistenza cristiana. Il resto appartiene alla nostra debolezza e dobbiamo accogliere questa debolezza dentro di noi con profondo senso di penitenza. Allora la penitenza non è una querimonia sul nostro peccato, astrattamente denunciato, che non serve a nulla, ma è una presa di coscienza umile delle nostre inadempienze. Una presa di coscienza che abbiamo bisogno di comunicare agli uomini e a Dio.
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol. 1