25 Giugno 2017 – 12^ domenica TO
25 Giugno 2017 – 12^ domenica TO
Se siamo assetati del Regno, vogliamo la giustizia e la fraternità e l'uguaglianza, e l'amore reciproco in tutte le situazioni. Voler questo con impazienza interiore vuol dire aprire costantemente le tensioni storiche nel privato e nel pubblico.
PRIMA LETTURA Ger 20, 10-13- SALMO 68- SECONDA LETTURA Rm 5, 12-15- VANGELO Mt 10, 26-33
Nessuna perfezione toccherà mai le cose terrene, solo trasparirà se avremo sapienza e forza dalle nostre costruzioni qualcosa di ciò che deve venire, ma il nostro cuore sorpasserà costantemente la costruzione a cui attende. La vera ascetica, che sostituirà quella conventuale, è l'ascetica di chi costruisce la casa aspettando che essa sarà distrutta; di chi elabora una legge sapendo che essa domani non basterà più; di chi accetta il relativo come cilicio quotidiano, e nella dedizione al relativo ripone la sua passione e il suo amore. É questa la conciliazione drammatica a cui siamo chiamati. L'altro elemento positivo che emerge dal messaggio escatologico del Vangelo è l'accettazione della contraddizione come norma di vita. É questa l'altra forma di ascetica impostaci dal tempo. Abbiamo creduto che si potesse vivere cristianamente soltanto volendosi tutti bene, e considerando i conflitti come cosa infame. In realtà i conflitti sono la norma storica. Gesù previde perfino i conflitti in famiglia: saranno i genitori a tradirvi, i fratelli, le sorelle, le spose, i mariti… Quel cristianesimo che per rendere omaggio alla norma dell'amore dimentica i conflitti che ci sono, è fraudolento è alienato. I conflitti ci sono. Accettare la ragione storica del conflitto e cercare di superarla, questo è serio. Una fraternità è secondo il Vangelo, se non corre sulle cose, non copre con un velo fosforescente la dura conflittualità delle cose ma scende alla radice dell'uomo. La Carità non è un sentimento, è un principio costruttivo della realtà o è una menzogna. Chiunque vuol vincere nel presente il futuro di Dio, apre conflitti. Chi vuole una società giusta, chi vuole una giustizia nella famiglia e una giustizia in tutte le organizzazioni e la vuole sul serio, costui suscita contraddizioni, a cominciare da quelle con i cristiani alienati che dicono: «tu sei un illuso. Siamo peccatori e non c'è niente da fare». Questa dissuasione non è evangelica, è ideologica. Se siamo assetati del Regno, vogliamo la giustizia e la fraternità e l'uguaglianza, e l'amore reciproco in tutte le situazioni. Voler questo con impazienza interiore vuol dire aprire costantemente le tensioni storiche nel privato e nel pubblico. Allora la fede nel Regno di Dio che viene, non ha più i difetti, le degenerazioni di cui è stata tacciata. Essa forse si appresta a diventare davvero una punta di diamante che scava nella realtà, a diventare la garanzia interiore suprema per non abbatterci mai nella nostra lotta storica, per essere tra i costruttori del Regno di giustizia i più zelanti, i più fervidi, i più irremovibili, quelli che non trovano mai motivo di scoraggiarsi. Il giorno del Signore verrà, lo sappiamo, dobbiamo vivere nel presente come se esso fosse imminente, come se dalle nostre azioni potesse scoccare l'ora ultima dell'adempimento.
Ernesto Balducci – da: "Il mandorlo e il fuoco" vol. 1