25 Dicembre 2024, Natale del Signore
25 Dicembre 2024, Natale del Signore
Prima Lettura Dal libro del profeta Isaia Is 3, 1-3, 5-6
Salmo 95
Seconda Lettura Dalla lettera di San Paolo apostolo a Tito Tt 2. 11-14
Dal Vangelo secondo Luca Lc 2, 1-14
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Ogni volta che mi avviene di dover riflettere personalmente o dover proporre riflessioni
sul mistero che oggi celebriamo ho l’impressione di non poter mai trovare le parole
giuste. Le nostre parole, le nostre immagini, anche quelle, e forse soprattutto quelle, che
appartengono al nostro lessico religioso tradizionale piuttosto che metterci nel cuore di
questo messaggio ce lo velano con un diaframma che ci difende da un eccesso di
provocazione.
Ogni tanto mi torna a mente quello che anni fa mi disse un credente francese con cui ebbi
a parlare, un uomo straordinario dal punto di vista della milizia sociale e della fede. Le
sue parole mi sembrarono una bestemmia: «Fino a che non ci saremo liberati dall’idea che
Dio è onnipotente noi vivremo nella menzogna». Questo rifiuto dell’onnipotenza mi
appariva come il rifiuto di qualcosa di essenziale a Dio. Eppure più rifletto e più si riflette
— perché ormai quello che sto per dirvi sta affiorando con più forza nella coscienza dei
credenti più liberi dalle abitudini mentali e pratiche — ci si accorge che la novità del
cristianesimo, del Dio di Gesù Cristo è proprio questa: che Egli non può essere espresso
con forme mentali e con simboli che esprimano l’onnipotenza perché la sua essenza —
questo ci è detto apertamente — è l’amore, Ora noi diamo per scontato che l’onnipotenza
e l’amore stiano insieme. Forse è anche vero, purché si intenda che la potenza dell’amore
è di altro genere, di quella potenza che noi invece immaginiamo come supremo arbitrio,
come capacità di costringere ad un cenno della voce le coscienze e le creature tutte, come
minaccia di dannazione eterna, come giudizio imperscrutabile che scruta i cuori e li
condanna. Questo Dio onnipotente — se ci pensiamo bene — non fa che proiettare fino al
massimo possibile le immagini e le esperienze che ci danno terrore, soggezione, paura,
senso di dipendenza: tutto fuori che amore. Se noi pensassimo invece che c’è un’altra
onnipotenza, quella dell’amore alla quale niente contraddice quanto la coazione, la
minaccia, l’asservimento, il dominio? L’amore, anche nella sfera dell’esperienza della
vita, più è intenso e più abbandona le forme della potenza, della minaccia, della
coalizione e diventa inerme e fragile come se niente contasse. Nessuna idea è più estranea
ad un mondo come il nostro, dove i riti e i costumi della potenza si trasmettono anche
tramite i mezzi tecnici che abbiamo in mano. Un tempo ogni lavoro comportava un
rapporto con le cose più dinamico, forse più cordiale, comunque più scoperto; oggi si
tocca un bottone, si gira una manopola e tutto ci obbedisce. L’amore diventa sempre più
indicibile, inesprimibile, estraneo all’esperienza di tutti i giorni. Siamo sempre più
assimilati alle macchine che abbiamo creato. La nostra potenza cresce. Abbiamo
raggiunto una potenza tale — ce lo diciamo spesso — da poter distruggere in un attimo
solo quello che Dio — parlo per figure — ha creato in sei giorni. Ma questa potenza che
si esprime proprio nella capacità di assoggettare a sé gli altri e le cose non è al polo
opposto di quella potenza che ha creato le cose?
Le cose sono state create con amore e tutte portano in sé questo tratto di origine. Per
quanto l’altra intelligenza — quella del potere — svisceri le cose, le analizzi, le decifri, le
traduca in formule, questa qualità interna le sfugge. Come altro è parlare dell’acqua come
Francesco di Assisi che la chiamava “sorella acqua”, altro è capire nel laboratorio che
l’acqua è formata da H20, capirla secondo la possibilità di sfruttarla, così nell’esperienza
tutta ci sono due modi di intendere le cose: quello che parte dall’amore e quello che parte
dal potere.
Che cosa è il mistero del Natale se non l’ingresso del Dio-amore nel tessuto della storia
umana, da sempre modellata dal potere, strutturata secondo i modelli del potere?
L’ingresso di un Dio amore non puo che avere le forme opposte a quelle che avrebbe
immaginato invece la cultura del potere. Anch’essa ha bisogno di Dio. Ovunque si
costruiscono poteri immani, anche la storia delle culture ce lo dice, ivi sempre si
costruisce un’immagine di Dio corrispondente. Il Dio dei Sumeri, degli Egizi, dei Greci
riflette l’esperienza di potenza che quei popoli hanno avuto. Ora, il Dio di Gesù Cristo si
trova proprio all’ opposto perché Egli entra nel mondo senza potere. Questo ingresso
scompone l’ordine costituito e perciò mette in moto i loro responsabili perché l’intrusione
di Dio sia eliminata quanto prima, o sia allineata e ridotta dentro il sistema del potere.
Da “Il Vangelo della pace” vol.3 anno C