24 Novembre 2019 – FESTA DI CRISTO RE – Anno C
24 Novembre 2019 – FESTA DI CRISTO RE – Anno C
Per guardare in modo radicale il mondo non lo guardo dalla piattaforma di privilegio in cui pur sono, mi sforzo di vederlo con l’occhio di colui che ne è fuori. Il Calvario è, simbolicamente parlando, quel luogo geo-politico in cui si crocifiggono i giusti. Nel mondo ce ne sono tantissimi di calvari! È lì che mi pongo.
PRIMA LETTURA: 2Sam 5,1-3- SALMO: 121- SECONDA LETTURA: Col 1,12-20- VANGELO: Lc 23,35-43
…Gesù è venuto a inaugurare un regno in cui la legge è il servizio per gli altri, il capovolgimento del dominio. Noi diciamo «amore» ma la parola è troppo vaporosa: con essa si deve intendere un esistere per gli altri. Gesù è, in assoluto, l'uomo che è vissuto per gli altri, senza niente per sé, nemmeno una tenda dove rifugiarsi. Questa esistenza per gli altri, oblativa, è il mistero di Gesù ed è la rivelazione del suo regno. E singolare il fatto che il primo cittadino di questo regno sia un ladrone. La parola ladrone, a quanto dicono gli esegeti, è una perfida traduzione. In realtà si trattava, come diciamo noi col linguaggio attuale, di un terrorista, di un oppositore che aveva usato le armi e quindi era stato condannato a morte. Io accetto questa esegesi perché molto plausibile. Accanto a Gesù egli si trova in qualche modo affratellato perché anche il terrorista non vuole questo mondo. In realtà lo vuole perché usa 1'arma di questo mondo, cioè la violenza. Si rimane in questo mondo quando si usa la violenza: sia dall'alto che dal basso, anche dal basso in alto. Non se ne esce. Il ladrone però non voleva questo mondo. Ecco dov' era il legame di fraternità con Gesù che non voleva questo mondo, che lo ha condannato, per proporre l'altro mondo, quello dell'amore. Il buon ladrone – come diciamo noi con linguaggio ormai logoro dall'uso – intuisce questo e si pente. Non si pente però davanti ad un tribunale, perché il tribunale non è degno di ricevere questo pentimento in quanto i tribunali di questo mondo sono strumenti di potere. Gesù a questo delinquente apre lo spazio del regno suo. Come facciamo noi a dare concretezza a questa verità, a questi misteri? Utilizziamo pure il linguaggio che ci è più consueto: noi aspiriamo a un mondo in cui ci sia la riconciliazione fra tutti gli esseri umani, perciò tutti gli eventi che si succedono nella nostra cronaca, ristretta o ampia, che portano il segno della riconciliazione e del crollo del dominio sono in questo raggio di luce. Questo regno non sarà mai compiuto se non nell'evento ultimo, ma noi ci muoviamo verso questo evento ultimo anticipando ne le realizzazioni, certo molto labili. Quello che abbiamo vissuto politicamente in queste settimane è un grande fatto, rientra in questo crollo dei poteri e in questa riconciliazIone fra gli uomini che erano dominati dalla paura. E un fatto bello, grande. Tuttavia sappiamo bene come dobbiamo tenere gli occhi ben aperti – ecco perché la distanza dell'occhio profetico è importante – e non lasciarci catturare da queste feste. Io devo sempre guardare a che cosa significano questi fatti per coloro che sono, in assoluto, emarginati, reietti. Ben poco, credo. Queste sono feste fra ricchi, sono feste fra gente che è esente da quella minaccia primordiale che è la fame. Sono molti quelli che stanno morendo di fame e che non vedono i nostri televisori, non leggono i nostri giornali, non si curano delle nostre cronache. Io sono con loro, devo stare dalla loro parte. Per guardare in modo radicale il mondo non lo guardo dalla piattaforma di privilegio in cui pur sono, mi sforzo di vederlo con l’occhio di colui che ne è fuori. Il Calvario è, simbolicamente parlando, quel luogo geo-politico in cui si crocifiggono i giusti. Nel mondo ce ne sono tantissimi di calvari! È lì che mi pongo. Allora, mentre mi rallegro per quel che avviene, attendo ancora che questa riconciliazione ci sia ma abbia come misura i reietti e non coloro che in un perimetro di relativo privilegio mettono a posto le loro antiche questioni. Certo ogni atto di riconciliazione mi dà gioia ma io aspetto una piena riconciliazione. È significativo anche questo linguaggio: « …per riconciliare tutte le cose». Non solo gli uomini, tutte le cose, la realtà intera. Allora il nostro sguardo si dilata, abbraccia anche la riconciliazione fra l'uomo e la natura; sappiamo che il mondo ci sta morendo sotto gli occhi in quanto non abbiamo riconciliato le cose ma le abbiamo manipolate, snaturate. Perfino nelle viscere della terra, nelle foreste, nei mari abbiamo esteso questa potenza delle tenebre. Liberiamo il concetto dal linguaggio sacrale; la potenza delle tenebre è la potenza che dove arriva produce morte sotto parvenza di vita. Aspirare alla regalità di Gesù Cristo vuol dire aspirare a un mondo condotto alla sua condizione di piena pace. Quindi ad un mondo di giustizia, perché la sperequazione economica non può mai essere a base della pace. Il nostro è un mondo ingiusto, progressivamente ingiusto. Non si sta liberando dalle ingiustizie, le stà aumentando. Chiunque legge la storia dell'uomo non nell'ottica ristretta e privilegiata della nostra posizione geo-politica ma a dimensione planetaria sa che è così. E così la violenza dell'uomo sta rovinando i cieli, la terra ed il mare. Allora ogni impegno che si muove verso rapporti di pace tra l'uomo e le cose, tra l'uomo e l'uomo, tra l'uomo e la donna … va nel senso di questa regalità. Se così è, voi capite che essa è una regalità universale, non come quella dell'imperatore romano che arrivava e dominava. Non è l'universalità del dominio. Quante volte, ahimè, i cristiani l'hanno intesa così. In nome della regalità di Cristo abbiamo portato, insieme, spada e croce. I Papi davano ai re di Spagna e del Portogallo il permesso di conquistare tutte le terre perché erano loro proprietà. Noi dobbiamo conquistare ma nel segno della pace, per cui quando si arriva – come Gesù sull'asinello – i poveri fanno festa. Come voi capite, il mistero di Cristo Re non suggerisce in noi immagini sacre di dominio, forme nuove di teocrazia: all'opposto, suggerisce immagini di armonia con tutti. Questa è una festa che affratella tutti nel segno della predilezione per coloro che nel regno di questo mondo portano il peso delle nostre iniquità.
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol 3