22 Dicembre 2019 – IV DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
22 Dicembre 2019 – IV DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
A me pare che ci sia, nella realtà che ci circonda, una tensione creativa soprattutto da parte del mondo dei poveri, del mondo lontano, di quello che chiamiamo il terzo mondo. Popoli interi riescono a scuotersi di dosso terribili schiavitù politiche, sociali e culturali, solo attraverso l'espressione pacifica dalla loro volontà: una lotta pacifica, una guerriglia delle coscienze diventata di massa.
PRIMA LETTURA: Is 7, 10-14- SALMO: 23- SECONDA LETTURA: Rm 1, 1-7- VANGELO: Mt 1, 18-24
…Ci sono idoli mostruosi che dominano la nostra mentalità e dominano la vita pubblica e privata più di quanto, nell’immediato, non ce ne rendiamo conto. Le stesse difficoltà economiche di tanta gente sono legate al processo di costruzione di armi per garantire la pace e l'ordine nel mondo. Il nostro prodotto ci sta divorando, ha risucchiato tutte le nostre energie positive. L’ombra di tristezza che si estende su tutta l'umanità e che vediamo addirittura con immediatezza, ad occhio nudo, nel comportamento e nel sentimento collettivo dei popoli, è un effetto di questa idolatria innominabile. Eppure non dobbiamo lasciarci suggestionare da questa ombra raggelante prodotta dal nostro spirito di distruzione, dalla morte come principio insopprimibile che agisce in noi e fuori di noi. Sono molti i segni che può venire davvero un mondo diverso. Io li enumero spesso per divezzarmi dalla tendenza nativa a sognare. Ci sono temperamenti che trovano pace e tranquillità solo quando si collocano in un mondo di immaginazione. Proprio per muovermi in contraddizione con questa spontanea tendenza, io enumero i segni esterni nel quali mi traspare, come attraverso un vetro diafano, l'immagine di quel mondo per il quale dobbiamo vivere e in cui io credo. La mia fede, allargandosi dalle vette inesprimibili del riferimento al Dio innominabile, al Dio santo, investe il corpo mobile, tumultuoso della creazione in cui si affondano anche gli occhi di coloro che non li alzano mai verso il Dio santo. Io so che la tenda di Dio è la terra e chiunque guarda il mondo con questa passione dell'avvento scopre in qualche modo i bagliori mobili e molteplici dell'unico volto di Dio. A me pare che ci sia, nella realtà che ci circonda, una tensione creativa soprattutto da parte del mondo dei poveri, del mondo lontano, di quello che chiamiamo il terzo mondo. Popoli interi riescono a scuotersi di dosso terribili schiavitù politiche, sociali e culturali, solo attraverso l'espressione pacifica dalla loro volontà: una lotta pacifica, una guerriglia delle coscienze diventata di massa. Io ho fede in questo movimento che come una respirazione solleva il petto dell'umanità. Può essere anche il respiro di una nascita. Io lo avverto dovunque, non solo nelle grandi metropoli del terzo mondo dove le folle si radunano ed enunciano con libertà nuova il loro legittimo sogno di pace e di libertà, ma anche nel nostro vecchio mondo dove le informazioni ci danno soltanto il volto di sempre: anche nei paesi dove la logica della forza sembra generale, c'è un altro popolo che si muove, si organizza e chiede che si superi la contraddizione di cui vi parlavo. Un mondo nuovo può nascere. Sarà un popolo pacifico che partorirà un mondo dominato dalla giustizia e dalla gioia della libertà. Questo sogno, che ha balenato nella mente dei profeti di tutti i secoli, è ormai al nostro orizzonte. Occorre crederci. Ma crederci non vuol dire guardare dalla finestra la storia che passa sotto di noi; significa inserirsi nel fiume della storia che va avanti, con partecipazione vera. Ogni volta che, o attraverso i mezzi dell'informazione o attraverso i diretti contatti, io avverto nella psicologia degli individui o dei gruppi emergere questa possibilità e strutturarsi in gesti culturali, in modi di partecipazione, in stile di scambi umani, mi sembra di sentire come il fremito dell' avvento, della novità che viene. […] Gli uomini della politica sono nell'imbarazzo e nell'impotenza. Per reagire a questa situazione dobbiamo compiere un atto di fede profonda e pagare questa nostra fede non nella vociferazione, ma nello sforzo anche silenzioso e quotidiano del mutamento di noi stessi perché il domani ci trovi uomini e donne di pace, costruttori di rapporti nuovi, liberati dallo spirito di aggressività. Questa conversione è un compito collettivo a cui tutti dobbiamo mettere mano. Io vedo bene come su questa linea di necessità e non facoltativa perché non presenta alternative possibili, si logorano vecchie culture, vecchie sicurezze, vecchie ideologie. Essa esige qualcosa di più che una ideologia già fatta; esige un cambiamento dello spirito e dell'intelligenza.
Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol. 1