19 Gennaio 2025, 2° Domenica TO

19 Gennaio 2025, 2° Domenica TO

Prima Lettura Dal libro del profeta Isaia Is 62, 1-5
Salmo 95
Seconda Lettura Dal prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, 1Cor 12, 4-11

 

Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 3, 1-12

 

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Sull’onda della sfiducia crescente, nei confronti della civiltà di cui facciamo
parte, si moltiplicano — credo anche per voi occasioni, private e pubbliche, di
una specie di nostalgia per un diverso modo di vivere, come se si potesse
davvero ripercorrere a ritroso la nostra storia, riprendere in mano il bandolo
della matassa in cui siamo intricati e ricominciare di nuovo. La nostra vita
civile si basa su dei rapporti fondamentali (caduti i quali, tutto cadrebbe) che
sono i rapporti con la natura, i rapporti con gli altri, il rapporto tra la nostra
razionalità e la nostra vita istintiva. Non possiamo progredire nel nostro vivere
civile, se non reprimiamo gli istinti a vantaggio de11a ragione, se non
stabiliamo con gli altri rapporti di competizione, che distinguano i migliori dai
meno validi; e se non abbiamo dinanzi alla natura un atteggiamento di
progressiva conquista e di progressivo sfruttamento. Se questi tre fondamenti
del nostro vivere civile non fossero solidi, noi ricadremmo nel caos. perciò
dobbiamo domandarci che senso ha questa crescente nostalgia per
rapporti diversi tra la ragione e la vita istintiva. Non si può vivere in
civiltà che reprimendo gli istinti. Eppure sentiamo che questa pressione
sminuisce l’uomo, isterilisce polle vive dal suo profondo, esaspera i suoi
atteggiamenti utilitaristici, e quindi respinge dal cuore quella ricchezza che
l’infanzia — ogni volta che riemerge nel flusso della vita — ci ripresenta come
una fiaba meravigliosa ma assurda. E così, nei rapporti con gli altri come
possiamo rinunciare a una competizione che crea ricchezze sempre maggiori?
Sembra davvero che la lotta con gli altri sia un principio amaro, ma
necessario, per non rimanere nella inattività sterile. Come possiamo rinunciare
allo sfruttamento della natura, visto che l’umanità cresce di numero?
Dobbiamo sfamare folle immense: non possiamo che moltiplicare i nostri
accorgimenti, per avere dalla natura il più possibile. E tuttavia sentiamo che in
questa strada non possiamo più continuare. Almeno io personalmente, vivo la
crisi del momento con questa intuizione, che invece di indebolirsi, si fa
più forte: o inventiamo un altro modo di vivere, oppure questo modo non potrà
che prepararci lutti maggiori e disastri forse definitivi. Siete tutti testimoni di
come crescono di numero persone che fuggono sempre più i modelli di vita
fino a ieri erano indiscutibili: si ricerca un nuovo rapporto con la natura;
l’esperienza amorosa viene messa al di fuori delle vecchie regole, e si cerca di
sperimentare una vita comunitaria, dove l’elemento dell’utilità abbia sempre
meno importanza. un rigurgito di utopia, fragile, tenue, labile certo — ma che
in qualche modo ci apre uno spiraglio sull’altro versante della nostra natura
umana che noi avevamo creduto di poter lasciare per sempre alle nostre spalle.
Abbiamo bisogno di un diverso modo di vivere, in cui si condensano
molteplici aspirazioni che attraversano, nel fondo, la società del tempo.
Ed è proprio da questo punto di vista che io vorrei accostarmi alla Parola che
abbiamo ascoltato. Non può sfuggire a nessuno la straordinarietà dell’episodio:
a un certo punto, manca il vino al banchetto ma manca quando non è più
necessario, neppure per un normale banchetto di nozze. Questo vino mirabile
viene dato come un di più, al di là di ogni regola, perfino di ogni regola di
equilibrio (i convitati erano già brilli). Questa stranezza — permettete che dica
così (soprattutto se si colloca l’episodio sullo sfondo della predicazione del
Battista, severa, ascetica!) ha un senso.
Da “Il Vangelo della pace” vol.3 anno C

/ la_parola