16 Luglio 2017 – 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

16 Luglio 2017 – 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

16 Luglio 2017 – 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

       

Mi vengono a mente le parole che un grande storico inglese Arnold Toyrribee scriveva a conclusione del suo libro «Il racconto dell'uomo»: la madre terra ci sta morendo tra le braccia e tocca questa generazione decidere se essa dovrà morire o no.

 

PRIMA LETTURA:  Is 55, 10-11 SALMO: 64- SECONDA LETTURA:  Rm 8, 18-23- VANGELO:  Mt 13,1-23

 

Fra le diverse maniere di approccio alla Scrittura di oggi, possiamo scegliere quella che, in maniera scoperta, ci viene proposta dalla lettera ai Romani. Viviamo in un tempo in cui cresce il risentimento verso le malefatte compiute dall'uomo nei confronti della creazione La speranza che ha guidato i pionieri della nostra civiltà, i quali promettevano un rapporto armonioso e fecondo fra l'uomo e la creazione fisica, si infrange sempre più di fronte ai segni evidenti di un conflitto insanabile tra il nostro modo di organizzare la nostra vita sulla terra e le attese della creazione La creazione si sciupa attorno a noi, deperisce, le sue risorse energetiche – questo miracolo straordinario del nostro pianeta -diminuiscono anch'esse, e i segnali sull'avvenire si fanno preoccupanti. Cresce nel nostro mondo occidentale anche a livello della protesta politica, una corrente, che mette in primo piano un problema che ieri non sembrava nemmeno un problema politico Anche la riflessione degli uomini più pensosi sul destini dell'umanità si volge con frequenza a questo argomento per propugnare, anche senza riferimento alla parola biblica, una specie di «nuova alleanza» fra l'uomo e l'universo Mi pare un termine molto bello, saturo di passione morale e di intelligenza scientifica umanitaria. Lo possiamo adottare, perché porta in sé evidenti riflessi della Rivelazione Mi stupiva tempo fa – e ora lo trovo invece molto giusto – il rimprovero fatto, da coloro che sostengono le sorti della terra liberata dalla violenza dell'uomo, al cristianesimo che col suo esasperato antropocentrismo avrebbe favorito un comportamento altezzoso nei confronti della natura. Sulla base del racconto biblico si dice che tutto è per l'uomo, il quale, nei confronti della creatura non razionale, è un assoluto tiranno. Tutto quello che fa è lecito, tutto quello che gli possibile è lecito. Forse è proprio qui l'antica radice della tendenza dell'intelligenza occidentale a cui compete il merito o il demerito delle scoperte scientifiche che hanno cambiato il volto del mondo. Tra il saggio orientale che rispetta la natura fino alle forme più meticolose, fino a scolare il moscerino quando beve l'acqua della fontana, e la tradizione dell'uomo occidentale che abbatte foreste, che estrae dalle viscere tutto l'estraibile, c'è contraddizione Non è qui il caso di affrontare il problema nella sua angolazione culturale. Voglio subito scendere al nodo del discorso partendo dal rimprovero, storicamente giustificato […] Noi abbiamo tratto dalla tecnica la possibilità di stabilire con l'universo contatti fisici che mai si erano sognati nel passato I giovani oggi viaggiano da tutte le parti del mondo; il pianeta è loro. Questo avviene proprio quando è giunta al massimo la possibilità di distruggerlo. Dobbiamo ricostruire il cuore di Adamo, in modo che egli non stia nell'universo con l'occhio con cui uno speculatore di terreni guada un prato fiorito, con l'occhio di chi calcola il vantaggio, ma con uno sguardo d'amore, cioè di comunicazione con le creature. Il che non implica la distruzione della via tecnica che abbiamo scelto, implica un suo ripensamento di fondo, in modo che tutti gli strumenti che aumentano il nostro potere siano funzionali all'amore. Solo così la creazione geme, ma nella speranza, altrimenti il suo è il gemito della disperazione Mi vengono a mente le parole che un grande storico inglese Arnold Toyrribee scriveva a conclusione del suo libro «Il racconto dell'uomo»: la madre terra ci sta morendo tra le braccia e tocca questa generazione decidere se essa dovrà morire o no. Sono le parole di uno storico, non di un missionario; parole che sono la conclusione di un'analisi del tempo ed io le ritengo straordinariamente vere. E allora vi dico: non ci possiamo chinare su questo straordinario brano di Paolo senza proiettarne la drammatica percezione che il nostro tempo è quello dell'alternativa fra la morte e la vita nella natura.

 

Ernesto Balducci – dal" Vangelo della pace" voi I anno A

 

 

 

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