13 Maggio 2018 – ASCENSIONE DEL SIGNORE – Anno B
13 Maggio 2018 – ASCENSIONE DEL SIGNORE – Anno B
Tutto ciò che vive – il pensiero che si accende in noi, l'amore che palpita – è un evento recente di appena qualche momento fa nei confronti dei tempi geologici e biologici di cui noi rappresentiamo la punta estrema, il vertice provvisorio.
PRIMA LETTURA: At 1,1-11 SALMO: 46 SECONDA LETTURA: Ef 4, 1-13- VANGELO Mc 16, 15-20
A volte provo invidia per gli antichi che, a differenza di noi, riuscivano a parlare per mezzo di miti e simboli. Noi siamo costretti, dalla maturazione che abbiamo realizzato, a ragionare secondo quanto la scienza ci ha permesso di conoscere. Gli antichi guardavano il cielo: esso era il simbolo adeguato del Dio che abita nei cieli. A noi non è permesso dire così. Noi sappiamo che nei cieli non c'è niente di diverso di quelli che c'è presso di noi. Gli antichi guardavano in basso, verso la terra di cui sentivano l'oscura attrazione e immaginavano gli inferi sotto la terra. Gli antichi potevano parlare dentro un quadro cosmologico in cui le percezioni avevano una rifrazione spirituale eloquente. Così, per dire che Gesù è entrato nella gloria del Padre invisibile, i testimoni hanno parlato di una nube che lo nascondeva a loro ed Egli si è levato in alto. È un modo di esprimere l'esperienza di Gesù che, dopo essere apparso nella gloria, si è ritirato dagli uomini. Noi se vogliamo fare delle verità di fede non dei luoghi di alienazione, delle rappresentazioni collaterali che non fanno corpo con la nostra vita vera, dobbiamo sviluppare l'involucro del linguaggio per cogliere il messaggio profondo che ci viene da questo annuncio. Noi sappiamo che l'impulso ascensionale, di cui l'uomo è il punto d'arrivo ma anche un gradino per ulteriori avventure, viene dal profondo, che la materia non è un male. Tutto ciò che vive – il pensiero che si accende in noi, l'amore che palpita – è un evento recente di appena qualche momento fa nei confronti dei tempi geologici e biologici di cui noi rappresentiamo la punta estrema, il vertice provvisorio. Questa tensione che è in noi, non la proiettiamo tanto in cielo quanto nel futuro. Che ne avverrà di tutto quello che è attorno a noi? […] La fede ci da una indicazione forte. Intanto c'è uno sguardo che per evadere dalle smentite della realtà, per rispondere alla incapacità di rassegnarsi ai confini del tempo e dello spazio si esìlia dal mondo. È l'antica fuga mundi che è una categoria universale dello spirito umano. Chiunque conosce la storia della cultura umana sa che gli eremiti hanno popolato la terra, maestri ammirati che si ritiravano nelle grotte, e poi anche nel cristianesimo, con una tendenza più forte della fede stessa. il monachesimo non è un'invenzione cristiana, è un'invenzione umana universale e risponde al bisogno di trovare un senso alla vita fuggendo dal tempo e dallo spazio. E una tendenza che portiamo in noi. Non ne siamo immuni. Questa tendenza, in mille modi, si fa valere spesso. Essa non è la risposta piena. Non è giusto quanto avviene anche oggi nella storia della fede: di rimandare il regno di Dio nell'aldilà. Questo spiritualismo disincantato trova le sue, figure, le sue rappresentazioni. Sulle colline o sui monti dell'Europa cosiddetta cristiana ci sono eremi, monasteri… È un moto ascensionale di tipo verticale. Ognuno che guarda queste cose ha un suo moto di attrazione, sente un fascino. Però non è questo che è venuto ad insegnarci Gesù. Gesù non ha fondato il monachesimo. […] L'altra tendenza è quella di voler realizzare subito, ora il regno di Dio. Gli Apostoli rappresentano, nella domanda che fanno al Signore, questa tendenza: «È questo il tempo per ricostituire il regno di Israele?». Essi immaginano il regno di cui Gesù ha parlato come se fosse il regno di Israele. È l'occhio carnale, è l'occhio che vuole le promesse realizzate qui e ora. Possiamo trovare questa tendenza in quella linea, anch'essa prospera, che si suol chiamare integrismo. In fondo che cosa ha fatto il cristianesimo nel Medio Evo? Ha ritenuto di aver costruito il regno di Dio al punto che il Papa si considerava capo del mondo e mandava i conquistatori con una bolla che concedeva loro il permesso di possedere ciò che conquistavano. Il regno di Dio aveva la sua capitale! Se ci pensiamo, è una carnalità terribile che poi è passata in eredità all'Occidente. L'Occidente laico è più teologico di quanto non sembri perché ritiene di essere la realizzazione della civiltà che è una trascrizione laica della teocrazia cristiana medioevale. E quanti delitti hanno fatto i Papi! E quanti delitti hanno fatto i laici! Che lo Stato sia "Ùber alles" è un luogo permanente, diabolico che porta la pretesa di realizzare l'ordine, il regno di Dio. Questa è una tendenza forte, anzi ne portiamo i segui addosso e dobbiamo rifiutarla. Se lo sguardo non è quello spiritualistico, se non è quello carnale qual è lo sguardo giusto? Lo sguardo che il Vangelo ci suggerisce è quello profetico, che è un'altra cosa, non traducibile concettualmente in modo chiaro…
Ernesto Balducci – (dalle omelie inedite – anno B)