10 Gennaio 2016 – BATTESIMO DEL SIGNORE – Anno C
10 Gennaio 2016 – BATTESIMO DEL SIGNORE – Anno C
Noi inutilmente facciamo i nostri riti, le nostre preghiere, le nostre eucaristie se non passiamo attraverso un battesimo di giustizia. Il battesimo della giustizia è il grande programma del futuro.
PRIMA LETTURA: Is 40,1-5.9-11- SALMO: 103- SECONDA LETTURA: Tt 2,11-14; 3,4-7- VANGELO: Lc 3,15-16.21-22
…Il battesimo di Gesù è un Battesimo di Spirito Santo e di fuoco, quello di Giovanni è di giustizia, ma non c’è battesimo di fuoco e di Spirito Santo che non passi attraverso la giustizia. La giustizia è il nostro grande ideale solo che noi non siamo in grado di avere in mano le misure della giustizia perché la nostra è la giustizia di una consorteria che abbraccia solo un quinto dell’umanità: il resto non ci interessa. Questa non è giustizia. La giustizia deve riguardare tutti gli abitanti della terra, senza nessuna esclusione. Se così è, come vediamo bene, la giustizia è un compito del futuro. Noi inutilmente facciamo i nostri riti, le nostre preghiere, le nostre eucaristie se non passiamo attraverso un battesimo di giustizia. Il battesimo della giustizia è il grande programma del futuro. Sappiamo che in nome della giustizia la nostra storia è stata agitata, squarciata. Abbiamo realizzato istituzioni che sembravano destinate ad affermarla e quei muri ci sono caduto addosso e allora emerge – ed è questo il dilemma angosciante ma vivificante che dobbiamo ospitare dentro di noi – la necessità di realizzare la fraternità, di non abbandonare l’idea dell’amore inteso però come principio costruttivo del nostro vivere collettivo e non come esperienza soggettiva, come principio architettonico, che ha per supporto una parola che non appartiene, per la verità, alle nostre planimetrie politiche ma appartiene alla nostra memoria storica: la fraternità con tutti gli esseri. Tutti gli esseri nascono uguali e devono essere fratelli. Non è una parola che invento oggi, è il sogno che ha avuto vivissime trasparenze e poi si è ritirato indietro. Chissà dove quel sogno si è ora rifugiato? Noi lo possiamo fare nostro. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire – ed ecco l’impossibile che diventa progetto – unire costantemente il rifiuto della violenza verso il fratello con l’amore per la giustizia. Fare giustizia senza fare violenza; ecco l’impossibile. Eppure deve essere possibile perché chi ha fatto giustizia con la violenza, tagliando le teste sulla ghigliottina o mandando nelle Siberie i dissidenti, non ha fatto nulla perché questa è la legge dell’uomo: nessun ideale che passi attraverso la violenza si afferma. A noi non sembra così. Nell’immediato, giustifichiamo le violenze, nell’immediato ci sembra che lo voglia la ragione e poi constatiamo che non è vero. Voi affermate un grande ideale con la violenza, passano settant’anni , cadono le strutture e non c’è rimasto niente perché abbiamo avuto fiducia nell’efficacia educativa della violenza. Noi dobbiamo liberarci da questo. Ma liberarci da questo vuol dire liberarsi dalle strutture della violenza, non aver fiducia nelle armi, non pensare a fare nuovi eserciti con tecnologie nuove; vuol dire fare la giustizia nell’amore, nella nonviolenza, nella fraternità mirando con pazienza a mutare i cuori anche degli avversari; vuol dire far sì che spunti il germoglio della vergogna in coloro che tengono in mano – per ripetere le parole di Isaia – il bastone dell’aguzzino. È un lavoro paziente, però è la via che dobbiamo seguire sempre di più…
Ernesto Balducci – “Il tempo di Dio” – Anno C (1992)