1 Dicembre 2024, 1° Domenica Avvento

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Prima Lettura Dal libro del profeta Geremia Ger 33, 14-16
Salmo 24
Seconda Lettura Dalla lettera di San Paolo apostolo a Tessalonicesi Tes 3. 12-4, 2

Vangelo Dal Vangelo secondo Luca Lc 21, 25-28, 34-36

 

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L annuncio del Vangelo è la costruzione di una città in cui sia legge l’amore, il
cui saldo fondamento sia la premura dell’altro, attraverso lo scambio di infinite
reciprocità. Non dunque il potere, che fa terrore. Quando dico «potere» non
voglio usare un nome demoniaco che non ha riscontri nella realtà più modesta
della nostra vita quotidiana. Alludo proprio a quell’insieme di rapporti,
microscopici e macroscopici, privati e pubblici in cui è legge la dipendenza
dell’uomo da altri, una dipendenza che modifica le coscienze, che rende
passive le moltitudini, rende conformisti gli intellettuali, rende complici i
ricchi. Insomma è la grande Menzogna. Si spiega il perché ‘-A tentazione del
deserto abbia sempre accompagnato la storia della fede — ma che dico? — la
storia della spiritualità umana. Sappiamo che in oriente e occidente molti
sono fuggiti nel deserto quasi a cercare nella solitudine di dare realtà ad un
sogno di convivenza che nella città degli uomini era impossibile. Ma Gesù non
è fuggito nel deserto: il deserto un luogo dove Egli si raccoglieva per
ritrovare le misure totali e per ritornare nella città, con ostinazione, fino alla
morte.
Il nostro compito oggi è intanto quello di tenere e luminosa dinanzi alla nostra
immaginazione morale la prospettiva della città di giustizia e di pace. Credere
a questa città è difficile quasi come credere in Dio. Se io sono grato — ne ho
tanti di motivi — alla parola evangelica è proprio perché essa risveglia in me
questa fede che gli uomini fan di tutto per annientare: la fede che sia possibile
modificare questo mondo. Allora, in virtù del discernimento di cui parlavo agli
inizi, non posso che riconoscere straordinaria la situazione del tutto nuova in
cui ci troviamo, che cioè il progetto di una città di pace in cui la logica della
forza sia eliminata è diventata una necessità imposta dall’istinto di
sopravvivenza. Prima si poteva sempre pensare che la guerra si fa per cause
giuste contro gli ingiusti; ma ora non si può perché appena si entra nella trama
della violenza con tutte le sue possibilità noi non siamo più parte contro parte,
siamo nella logica del suicidio globale. E quindi siamo nella necessità
dell’amore. Non basta che in una città ci siano le anime buone che si dedicano
alle opere buone. Ogni potere ha sempre avuto bisogno di questi orticelli di
confronto. Nella logica della città violenta una porzione dedita alla non
violenza è quel che ci vuole! Anche nella città medievale — ahimè segnata dal
nome cristiano, ma una città bellicosa! si è sempre reso onore a -coloro che
facevano voto di mitezza e di povertà. Anzi la chiesa cattolica chiedeva
l’esenzione dall’uso delle armi per i suoi «clerici». Noi dobbiamo uscire da
ogni menzogna. La necessità della fede è come un torrente in piena che trova
l’ostacolo e fa schiuma e si gonfia. E qui che noi siamo: o buttiamo giù
l’ultimo argine oppure noi siamo costretti alla disperazione.
Ecco il punto critico, disposto dalla storia degli uomini. Spianate le montagne,
colmate le valli perché deve arrivare la salvezza per ogni uomo. Ogni uomo
vedrà la salvezza, La condizione è l’insieme delle opere di giustizia e di pace
che ciascuno di noi è chiamato a compiere. Penso all’educazione, alla vita in
famiglia, alla vita della scuola, alla vita della fabbrica dove l’alternativa si deve
sempre più aprire alla nostra coscienza ed arricchirsi di strumenti. Allora
diventa una parola di consolazione quella che dice il profeta: «e sarà pace
della giustizia e gloria della pietà». Questo è il nome della città verso la quale
andiamo. La nostra volontà trova in questa speranza i suoi argini e la sua
prospettiva di sviluppo.
Da “Il Vangelo della pace” vol.3 anno C

/ la_parola